Alien: Romulus, recensione
Alien torna al cinema con Alien: Romulus, una delle saghe cinematografiche più note di sempre che da oltre 40 anni ha rivoluzionato il genere horror sci-fi. La nuova pellicola segna il ritorno del mondo degli xenomorfi, della Weyland-Yutani Corporation con un nuovo equipaggio. La pellicola si ambienta tra il primo e il secondo film della saga ed è considerato sequel, midquel, ma può benissimo essere inteso come opera stand alone.
L’intenzione del regista, sceneggiatore e produttore Fede Alvarez e di 20th Century Fox non è di creare una nuova saga, ma semplicemente di tenerla in vita, se consideriamo i vari alti e bassi della qualità dei vari capitoli. Una sorta di reboot non reboot, Alien:Romulus vede un cast di giovani attori e, nonostante l’idea iniziale era il passaggio diretto in streaming, Disney ha deciso di mandarlo in sala dal prossimo 14 agosto.
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Un nuovo equipaggio
La storia originale di Alvarez è ambientata circa 20 anni dopo il primo film di Alien e più o meno 37 anni prima di Aliens – Scontro finale. Rovistando in una stazione spaziale abbandonata nella speranza di trovare la tecnologia necessaria per lasciarsi alle spalle il loro pianeta condannato, un gruppo di giovani coloni risveglia involontariamente l’organismo più terrificante dell’universo. Ci troviamo nella colonia mineraria di Jackson’s Star e Rain (Cailee Spaeny), sta cercando un modo per andarsene e cercare vita migliore altrove dopo la morte dei suoi genitori.
Spaeny è stata candidata al Golden Globe grazie al suo ruolo da protagonista in Priscilla di Sofia Coppola, prima di recitare nel film di grande successo Civil War. Qui rappresenta l’erede di Ripley di Sigourney Weaver e perciò ha una grande responsabilità per l’iconicità del personaggio. La giovane attrice ci regala un’interpretazione massiccia, tosta e dimostra la sua versatilità attoriale, perfettamente idonea per il genere sci-fi.
I sintetici in Alien
Il fratello di Rain, Andy (David Jonsson), è un sintetico creato dalla Weyland-Yutani Corporation ed è comprensivo, disponibile e protettivo nei confronti della sorella. Ancora una volta nel franchise di Alien, il rapporto tra sintetici e umani è fondamentale e complicato. Dopo gli eventi dei vari capitoli sappiamo bene che non ci si deve fidare di un androide. Ma Andy sembra diverso.
Il primo sintetico introdotto nell’universo di Alien è stato Ash, interpretato dal compianto Ian Holm. Un ufficiale scientifico la cui identità era stata nascosta all’equipaggio. Si trattava di un agente infiltrato della Weyland-Yutani, imbarcato a bordo della Nostromo. Il suo scopo era assicurarsi che lo xenomorfo venisse consegnato alla WY, che intendeva studiarlo e utilizzarlo nelle loro divisioni per le armi biologiche. Personaggio e attore a cui il film rende omaggio… Insieme a loro c’è Tyler, l’ex fidanzato di Rain che come lei lavora nelle miniere di Jackson’s Star. È interpretato da Archie Renaux, la cui filmografia comprende la popolare serie Netflix Tenebre e Ossa. Kay, la sorella di Tyler, è interpretata da Isabela Merced, che ha recitato in Soldado e in The Last of Us.
L’attore Spike Fearn (Back to Black) è stato scelto per il ruolo di Bjorn, che lavora nelle miniere. Aileen Wu, al suo esordio cinematografico, è Navarro, una giovane donna esperta di tecnologia che pilota la Corbelan, un’astronave utilitaria. È stata accolta dalla famiglia di Bjorn su Jackson’s Star e ora vede Bjorn come un fratello.
Questi giovani minatori di Jackson usano la Corbelan per raggiungere la stazione spaziale abbandonata Renaissance. Qui voglio recuperare le capsule criogeniche per potere andare in un sistema lontano e vivere una nuova vita. La Renaissance è una stazione spaziale in disuso composta da due moduli: Romulus e Remus. Dal punto di vista del design, Remus ricorda visivamente Alien mentre Romulus ricorda Aliens – Scontro finale.
Un ritorno alle origini
Escludendo i capitoli “complicati” della saga, Alien:Romulus ha tutte le carte in regola per attrarre pubblico nuovo e far amare di nuovo il franchise dai suoi fan. Con la benedizione di Ridley Scott, Alvarez ha deciso di tornare alle origini per le riprese del film. “Sapevo di voler riportare questo capitolo alle origini, non solo per quanto riguardava la storia, ma anche in termini di stile visivo”, spiega il regista. “Volevo mantenere la semplicità e concentrarmi su pochi personaggi che il pubblico potesse conoscere e amare”. Ci sono tanti richiami ai primi due film. Sia a livello di scenografie, tecniche visive e anche musicali.
Il regista lo ha dimostrato richiamando la squadra degli effetti speciali di Aliens – Scontro finale, proprio quella che ha realizzatola leggendaria scena della scoperta della Regina aliena da parte di Newt e Ripley. Il personaggio della Weaver entra in criosonno nel finale di Alien e trascorre 57 anni così prima di venire trovata. Se il film si svolge vent’anni dopo Alien, quindi questo chiarisce ufficialmente dove si trova Ripley: è ancora a bordo della navicella di salvataggio Narcissus, dopo essere sopravvissuta al primo incontro con lo xenomorfo e si pensa che stia tornando sulla Terra.
Horror sci-fi onirico
“Nello spazio, nessuno può sentirti urlare”. questa è una delle citazioni che ha reso il franchise di Alien iconico per oltre 40 anni. Nel nuovo film di Fede Alvarez la fisica del suono è giostrata perfettamente per rendere l’idea del vuoto assoluto e del silenzio nello spazio. Così come in Gravity, film di Alfonso Cuarón del 2013 da cui Alvarez attinge in diverse soggettive, il sound effects rende ancora più terrificante l’ignoto dello spazio profondo e la tensione all’interno del film.
Ci sono persino richiami alle iconiche colonne sonore di Jerry Goldsmith e James Horner, composte rispettivamente per Alien e Aliens – Scontro finale, e ai titoli di testa di Alien realizzati da Richard Greenberg e Phil Gips. Molti sono altri riferimenti come la citazione alla scena di Jurassick Park con i Velociraptor o – più recentemente alla serie tv The Last of Us. Tra l’altro con la presenza di Isabela Merced – futura Dina nello show – gli easter egg alla serie tratta dal videogioco sono molteplici.
Visual effects e sound design
La tecnologia per ricreare gli xenomorfi, i facehugger e il chestburster è spaventosamente migliorata. Una delle scene più iconiche in Alien di Ridley Scott è quella in cui il chestburster emerge per la prima volta dal petto della sua vittima. Per rendere queste scene epiche il team creativo del film è composto da: il visual effects supervisor è Eric Barba (Oblivion), il costumista Carlos Rosario (Shogun), la scenografa Zsuzsanna Sipos (Dune – Parte due), il prosthetics makeup designer Ivān Pohārnok (Midsommar – Il villaggio dei dannati), il property master Graeme Purdy (Spider-Man: Far From Home) e lo special effects supervisor Gábor Kiszelly (Povere creature).
Fede Alvarez riesce a realizzare un film ad alta tensione che tiene incollati allo schermo. Ci sono tutti gli stilemi narrativi di Alien che ti aspetti e che vuoi vedere. Gioca molto bene con la regia, con le inquadrature, i suoni e non suoni, i movimenti di macchina da capogiro. Il ritorno agli anni ’80 con la tecnologia è coerente a livello storico per il fatto che il film si ambienta dopo il primo Alien. Non c’è anacronismo storico. Se lo scopo di Alien: Romulus è quello di far conoscere il franchise ad un nuovo pubblico potrebbe essere il metodo migliore. Molto più difficile sarà mettere d’accordo il pubblico di fedeli e fan. Dopo gli ultimi capitoli il fandom è molto sceso, ma per fortuna questa pellicola si ambienta in un tempo storico in cui le cose funzionavano ancora bene a livello di scrittura. Ad ogni modo non mancheranno attimi di terrore e jumpscared a gamba tesa.
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