Babygirl, il thriller erotico imprevedibile con Nicole Kidman
Il latte è da sempre un elemento ricco di significato al cinema e con l’arrivo in sala del film Babygirl assume una connotazione di desiderio primordiale e animalesco. Ma non solo, anche innocenza, purezza e nutrimento con un rivestimento trasgressivo. Il thriller erotico della regista e attrice olandese Halina Reijn arriva al cinema il 30 gennaio 2025 con Eagle Pictures. Dopo essere stato presentato all’81° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove la sua protagonista Nicole Kidman ha vinto la Coppa Volpi, Babygirl diventerà ora oggetto di discussione anche per il pubblico. La critica si è divisa a metà, ma le lodi hanno fatto crescere l’entusiasmo e la curiosità per quella che si prospetta l’ennesimo colpo di A24.
Romy (Kidman) è una CEO di una delle più importanti aziende di consegna automatizzata mondiale. Robotica avanzata e intelligenza artificiale. Ha un marito regista di teatro, Jacob (Antonio Banderas) e due figlie. Una posizione di potere conquistata negli anni, che cerca di preservare con tutte le sue forze. Dall’ossessione che porta a iperconnessione e una forte dipendenza da smartphone, dissociazione dal mondo che la circonda. L’insicurezza estetica dovuta all’avanzamento dell’età che la porta a sottoporsi a Botox, crioterapia per mantenere un certo tipo di canone imposto dalla superficialità esterna (qui ho subito pensato a Bryan Johnson, il milionario in cerca dell’immortalità).
Romy non si sente mai adatta, come madre, come donna e si ritiene una cattiva persona per via dei suoi pensieri impuri, “sbagliati”. Il passato di Romy è ricoperto da un mistero che coinvolge sette e comunità. Di questo non si va mai oltre all’accenno, ma vediamo che lei si sottopone a EMDR, un metodo controverso per il trattamento di traumi e disturbi che coinvolge i movimenti oculari.
Per dare sfogo a quelli che sono i suoi kink, Romy si ritrova a masturbarsi dopo aver avuto un rapporto con suo marito, al quale confesserà che dopo 19 anni di matrimonio non ha mai avuto un orgasmo con lui. Le cose si stravolgono, con l’incontro di uno stagista, Samuel, che farà esplodere tutti i desideri più reconditi della CEO di succcesso. Romy ha paura di perdere tutto.
La decostruzione del film erotico anni 80
Halina Reijn con Babygirl provoca e vuole portare il messaggio che non c’è nulla di sbagliato nel volere rincorrere a strategie diverse che escono dalla normalità per arrivare ad avere il piacere. Samuel (interpretato da Harris Dickinson, The Iron Claw), può incarnare il nuovo stereotipo Gen Z che non ha paura di nulla, misterioso, degno degli amanti che possono rovinarti la vita. Tra Romy e Samuel il potere di dominare uno sull’altro è molto psicologico oltre che fisico che spesso cade in situazioni buffe o goffe. In questo senso si decostruisce il film erotico classico anni ‘80. C’è molto caos nel film di Reijn che utilizza la strada dell’imprevedibilità grazie anche ad una colonna sonora ad hoc che alimenta la tensione di un thriller erotico che in realtà non è thriller. Babygirl alla fine è difficilmente classificabile in un genere specifico.
In un periodo storico per il cinema in cui si prediligono storie in cui non tutto deve essere per forza spiegato fino in fondo, Babygirl sovverte le aspettative e lo spettatore non ottiene mai delle risposte dal passato di Romy. All’idea di poter “perdere tutto”, la donna obbedisce a Samuel, anzi è molto più attratta da lui nell’ottica di cadere in rovina. Questo è ricollegabile a una tattica che tiene le persone nelle sette. La paura di perdere la propria famiglia e tutti i propri amici e di rimanere senza un sistema di supporto. Negando, però, l’impatto del suo trauma infantile sulle sue fantasie sessuali, Romy è in grado di abbracciare l’idea di non essere rotta.
Un film psicologicamente confuso
Babygirl ha diviso la critica sin dalla sua presentazione a Venezia. Lo fa ora con l’arrivo alla stampa e lo farà quando arriverà al pubblico in sala dal 30 gennaio. Io in primis sono in un mix di sentimenti. Da un lato è innegabile la bravura dei suoi interpreti, sopra tutti Nicole Kidman che si dimostra ancora una volta superiore in ogni dove. Magnetica, a nudo, mette in scena un’interpretazione che non ha timore di nulla. Così come Romy fa sentire la sua voce, il suo orgasmo tanto desiderato, senza dover essere strozzato. Babygirl è come un ululato di piacere che vuol far sentire il proprio fiato.
Quello che non mi convince nel film è che spesso bisogna ricorrere alla sospensione dell’incredulità. Per essere CEO, Romy quando trova il tempo per stare con Samuel? Ci sono tanti elementi che non stanno in piedi per una storia veritiera, nelle dinamiche di coppia tra marito e moglie.
Tanto vero su molti aspetti, ma anche tanto indefinito e impreciso dal punto di vista psicologico. Siamo tutti d’accordo sul concetto che Samuel ribadisce a Jacob, che il machismo femminile della donna in un ruolo di potere sia un’idea ormai superata. Oltre al fatto che il collega di Romy che la invita a casa dopo aver scoperto della tresca con Samuel, sia un personaggio appartenente alla generazione Weinstein. (Collegamento con un altro film di Kidman – meraviglioso – Bombshell – La voce dello scandalo).
L’epilogo che lascia confusione è il messaggio riassuntivo di Babygirl. Una donna come Romy che ha bisogno di dare sfogo alle sue passioni primordiali, avere orgasmi, deve necessariamente avere un amante giovane, mettere a rischio la sua carriera, il suo matrimonio, la sua famiglia con due figlie, di cui con una si fuma le canne per dare l’idea di una madre moderna? Questo probabilmente è l’elemento che dividerà e continuerà a far discutere. Anche se, in conclusione, è evidente come il sesso non sia una conseguenza dell’amore e viceversa.
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