Biancaneve, la recensione del remake live-action Disney
Uno dei film più chiacchierati degli ultimi anni ha finalmente preso vita e il live-action di Biancaneve arriva così al cinema dal 20 marzo 2025 con Disney Italia. Un progetto che ha richiesto più di cinque anni prima di prendere forma – la pandemia ha rallentato la produzione – ma che fin dalla prime immagini ha suscitato dubbi, polemiche sul web a rotazione. Solo la prima foto postata da Disney di Rachel Zegler nei panni di Biancaneve con alcuni suoi nuovi compagni di viaggio ha portato utenti online a criticare l’eccessiva correttezza politica messa in atto da Disney.

Una rivisitazione del grande classico Disney
Il film live-action Biancaneve è costato 270 milioni di dollari ed è stato anche recentemente coinvolto da una presunta tensione tra le due protagoniste, Zegler e Gal Gadot, in merito a divergenze politiche. Diretto da Marc Webb e scritto da Erin Cressida Wilson, Biancaneve è una rivisitazione moderna del primo grande classico Disney del 1937. Tratto dall’opera dei fratelli Grimm che hanno descritto la protagonista “bianca come la neve”. Da qui la prima polemica in merito alla scelta di Zegler – di origini colombiane – e al cambiamento nel film legato al nome. Un caso molto analogo a La Sirenetta e alla scelta di Halle Bailey (semplicemente magnetica nel film).
Anche questa volta una discussione sul casting che resta fine a se stessa, prima ancora dell’uscita del film. Come nel caso del La Sirenetta, non risulta per nulla problematica come scelta nel contesto del film come adattamento. Qui entra in gioco il primo espediente narrativo per modificare vari stilemi considerati arcaici e superati. I quali hanno permesso a Biancaneve di vivere ancora oggi, nel 2025, in una versione moderna, classica e aggiornata. Infatti, la protagonista prende il nome non dal colore della sua pelle, ma dal fatto che è nata durante una bufera di neve, come dono dal cielo.
Un altro aspetto che ha fatto indignare gli anti-woke è la questione Principe Azzurro. Il nuovo film live-action ha tolto la figura del maschio forte che salva la donzella in pericolo, come capita da anni negli ultimi film Disney. Una figura maschile però non manca. Jonathan (Andrew Burnap), un giovane brigante fedele al Re (padre di Biancaneve) si oppone alla perfida Regina Cattiva. Si pensava che con questa nuova versione, l’amore venisse escluso, ma non è proprio così. Non è priorità nella vita di Biancaneve, ma un risvolto sentimentale è presente nel film, non con un principe, ma con un furfante in stile Flynn Rider in Rapunzel.

I sette nani creature magiche
La storia di Biancaneve la conosciamo tutti. Il film aggiunge tasselli sul passato della principessa, attinge dal libro dei fratelli Grimm, con omaggi ad immagini, costumi e inquadrature del classico del 1937. In particolare l’utilizzo dello Specchio della Regina Cattiva, il pozzo dei desideri e gli abiti delle due protagoniste, forse tra le cose migliori in assoluto del film. Prima di soffermarci sui gioielli che indossa Gal Gadot, bisogna fare una parentesi sui noti nani.
Troviamo tutti e sette i personaggi che abbiamo imparato a conoscere sin da bambini. Come un elenco da imparare a memoria. Dotto, Eolo, Mammolo, Gongolo, Brontolo, Pisolo e Cucciolo. Su di loro, si è scatenata la polemica per l’esclusione di attori nani che in un contesto del genere avrebbero avuto la possibilità di interpretare dei ruoli iconici ad hoc.
Webb e Wilson hanno scelto diversamente. Rendendo i sette nani, che non vengono mai chiamati così nel film, creature magiche della foresta. Di fatto molte frasi dal classico Disney sono state omesse o modificate. All’arrivo di Biancaneve alla casa nella foresta, la principessa nel cartone dice:“Sembra una casa delle bambole”, o parla di persone molto piccole o bambini. Nel film live-action quando Zegler arriva nella casa, non dice nulla, ma semplicemente si dirige subito nei letti e si addormenta.
Una questione si delicata, ma una volta nel corso del film, si inizia ad avere un senso della distinzione tra creature magiche e nani. Tra i briganti amici di Jonathan, c’è un personaggio interpretato da un attore nano, ed è lì che ritorna anche la prima foto pubblicata anni fa e le polemiche annesse, sulla presenza o meno dei sette nani nel film.
Un musical divertente di grandi talenti
Il talento di Rachel Zegler era già ben noto dopo West Side Story, il remake di Steven Spielberg e Hunger Games: la ballata dell’usignolo e del serpente. La stessa Gal Gadot, fresca di stella sulla Walk of Fame a Hollywood si è davvero divertita dentro i panni della Regina Cattiva. Il design dei suoi costumi sono sicuramente tra le cose migliori della pellicola. Tra gioielli e richiami perfettamente resi al classico Disney.
Un film di questo genere per essere tale e di livello deve avere una colonna sonora pazzesca. Tra gli autori troviamo Benj Pasek e Justin Paul, autori di soundtrack iconiche come La La Land e The Greatest Showman. Inoltre, sempre dal film di Damien Chazelle, le coreografie sono della coreografa Mandy Moore. Grandi numeri corali, di gruppo in stile Disney, ma anche ottimi pezzi solisti che in italiano abbiamo la fortuna di ascoltare da due voci sublimi. Eleonora Segaluscio è Biancaneve nelle parti cantante, mentre Serena Rossi è la Regina Cattiva, sempre nelle canzoni.

Il problema dei live-action che persiste
Riadattare un classico come Biancaneve, il primo in assoluto, era un grande azzardo. Al tempo stesso però la strategia Disney di riportare in vita queste storie porta nuovo pubblico e spesso incassi record. Perciò hanno ragione loro. I problemi però di questi live-action si rivedono anche questa volta. La rivisitazione nel complesso intrattiene. Ci sono tanti momenti adattati come si deve, come la scena in cui Biancaneve si perde nella foresta e la CGI rende il terrore che avevamo da piccoli, egregiamente contemporaneo. Una sorta di natura maligna posseduta dal male della Regina, per poi anche nel finale con la trasformazione della Regina nella perfida vecchietta che rimane ancora più inquietante nel cartone. (Gal Gadot è troppo bella anche da strega malefica). Tutti gli animali hanno un qualcosa che richiama gli anime orientali, e va bene così. Sono fiabeschi non per forza realistici come ne Il Re Leone o Mufasa, dove i leoni parlanti sono davvero fastidiosi.
Il problema che ritorna più di tutti è la questione storia per allargare il minutaggio. I vari momenti con in personaggi nuovi, invece di novità, dopo tanti altri film Disney e live-action danno un senso di ripetitività in questo adattamento. Come di una carenza di idee, o che dopo tutto alla fine è sempre la stessa solfa. Richiami a Rapunzel, Frozen, Wish o anche Wicked ad un certo punto.
Questo è messo in evidenza da un problema di montaggio che ogni tanto taglia bruscamente le scene. Crea dei salti di tempo tra un momento e l’altro un po’ troppo distanti tra loro, che tecnicamente appaiono spiazzanti e velocizzanti. Dando un’accelerata degna alla Fast and Furios (una reference a Gal Gadot? Non credo) alla la storia che sembra volere finire il prima possibile. Da un lato sembra che il film voglia dare per scontato certi momenti talmente noti che è impossibile non conoscerli. Dall’ altro la conclusione molto “facilona” – come era successo per La Sirenetta – sono problemi che tornano ancora volta in Disney.

Tutti amano la torta di mele
In un paese dove il regno è caduto nel potere del male della Regina Cattiva, la volontà di Biancaneve, figlia del Re e legittima erede al trono, è quella di tornare e riportare la gioia agli abitanti. Resi tristi e servi del volere della matrigna di Biancaneve. Una volta, tutti erano felici e mangiavano tante torte di mele. Un frutto al centro della storia che qui torna sotto più varie forme, soprattutto nei dolciumi. Un aspetto dolce e zuccherato su cui si può sorvolare, siamo pur sempre dentro una fiaba. Anche se ci sono beni più importanti per sopravvivere oltre alle torte di mele, i balli e le canzoni tra il popolo affamato.
In generale, Biancaneve è un film che intrattiene e ci riempie di colori e suoni che sanno di nostalgia e modernità. Un progetto molto ambizioso e rischioso. Portando in scena il primo dei grandi classici era inevitabile avere tutti gli occhi puntati addosso per ogni polemica e attenzione mediatica. Il risultato però gioca a favore di un film che rende omaggio ai grandi musical, porta novità e modernità sulle canzoni rimodellando tematiche importanti al giorno d’oggi. Il problema del terzo atto e finale accelerato è qualcosa che non riguarda solo Disney, ma anche tante grosse produzioni dispendiose, discusse e a volte floppate, purtroppo.
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