“La mia prima impressione di Anthony è stata di una persona che ama davvero la sua famiglia” rammenta Jonathan Bailey. Il trentaduenne inglese, apparso in serie come Doctor Who, Broadchurch, Crashing e Chewing Gum, è uno dei talenti in ascesa del teatro inglese.
Per la sua interpretazione nel revival del musical Company di Stephen Sondheim andato in scena al West End, nel quale ha interpretato la versione maschile del personaggio di Amy, lo scorso anno Jonathan Bailey si è aggiudicato il Laurence Olivier Award.
Di fronte all’opportunità di lavorare con Shondaland per la loro prima serie Netflix, Bailey non ci ha pensato due volte. “Amo i valori che trasmettono” ha detto Bailey della casa di produzione fondata da Shonda Rhimes, nel corso della sua intervista esclusiva a Tvserial.it. Tra questi, anche il “Cercare di sfatare il mito di Hollywood secondo il quale non si possono avere attori dichiaratamente gay che interpretano personaggi etero”.
Del suo personaggio Anthony, il figlio maggiore della famiglia Bridgerton al quale è toccato l’ingrato compito di colmare il vuoto lasciato dalla scomparsa del padre, Jonathan Bailey dice: “Sta cercando di restare a galla e non è in grado di gestire la propria famiglia nel modo che la società pretende da lui”.
Le pressioni che Anthony riversa sulla sorella Daphne (Phoebe Dynevor), in età da marito e data in pasto al mercato matrimoniale della Londra dell’età della Reggenza, sono le stesse che lui avverte. Secondo il suo interprete, Anthony è vittima dello stesso sistema oppressivo che vorrebbe togliere a Daphne la possibilità di avere voce in capitolo quando si tratta del suo futuro marito. “Penso che l’idea di quanto il patriarcato per come lo conosciamo sia nocivo per gli uomini, quanto per le donne, rappresenti una conversazione importante” sostiene Jonathan Bailey.
Tuttavia il titolo di Visconte, al quale corrisponde anche quello di capofamiglia del numeroso clan Bridgerton, sta molto stretto ad Anthony. “Credo di essermi sentito molto dispiaciuto per lui” confessa Jonathan Bailey, che aggiunge: “Nella sua assenza, riesce, seppur non volutamente, a ferire molte delle persone che gli stanno vicino.”
La difficoltà di entrare in empatia con il prossimo è l’ostacolo maggiore per la crescita di Anthony, secondo Jonathan Bailey. Per portare in scena un personaggio che dorme poco a causa di tutte le preoccupazioni che affollano la sua testa, l’attore si è costretto a smettere di sorridere.
“Penso che io e Anthony non siamo per nulla simili: credo che lui sia molto severo e molto triste” riflette l’attore, che ha visto in questo l’opportunità per esplorare un modo di essere così lontano dal proprio. “La sfida maggiore è stata quella di assicurarmi che il pubblico potesse assistere ai turbamenti interiori e all’ansia che Anthony” racconta l’attore, “Per poi riuscire a riconciliarlo con il suo pavoneggiarsi in giro per Londra”.
In apertura di post il video integrale con il racconto di Jonathan Bailey riguardo all’esperienza di Bridgerton, in streaming ora su Netflix.
Di seguito trovate le altre interviste esclusive con i protagonisti della serie Phoebe Dynevor (Daphne) e Regé-Jean Page (Simon), Claudia Jessie (Eloise) e Nicola Coughlan (Penelope), e con lo showrunner Chris Van Dusen.
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