Curon storia vera? Da dove nasce l’idea per la serie Netflix
Uno degli autori della serie tv Netflix, Giovanni Galassi, racconta come nasce l’idea per la realizzazione di questo show alla presentazione stampa di venerdì 5 giugno 2020, tenutasi virtualmente. “In primis Curon nasce da un fortunato, fortunatissimo incontro nel febbraio 2018”: se non ci fosse stato chi era a caccia di “un prodotto seriale, possibilmente per Netflix” com un “certo tipo di atmosfere”, probabilmente questo show non sarebbe nato. Prima di arrivare al nocciolo della questione: “Curon storia vera o no?” è importante fare un passo indietro. Giovanni Galassi specifica che ci sono tantissimi modi per approcciare una storia, ma qui l’elemento vincente sta nel “partire dall’atmosfera”. Nel caso di Curon questa “atmosfera” è sostanzialmente “un luogo in prima battuta”. È con questo spirito che in un batter d’occhio gli autori arrivano alla location, la regina di questa serie: il lago di Resia.
È proprio nell’immagine di questo lago che troviamo la genesi della storia “dell’identità della doppiezza”. Di fatto esistono “due comunità, quella italiana e quella tedesca con un tradimento originario. Il paese nuovo che si specchia nel lago sotto cui c’è quello vecchio sommerso”. Il cuore della storia è già lì, ancora prima dei durissimi mesi di lavoro che li attendono.
Curon storia vera o finzione? Il campanile è vero, ancora con la struttura originaria del 1357. È sopravvissuto all’operazione della costruzione di una diga che ha unito i laghi della zona e ha sommerso la zona di Curon Venosta. L’abitato è stato ricostruito più a monte. Poi c’è un aspetto della serie Netflix ispirato a una leggenda.
Curon girata in luoghi veri: il lago e il campanile
Durante la conferenza stampa tenutasi virtualmente venerdì 5 giugno 2020 Fabio Mollo, il regista, racconta che “il campanile è un elemento visivo”, ma è anche “un personaggio vero e proprio”. Il suono delle campane genera il mistero attorno a cui si crea la leggenda che avvolge Curon.
“È stato fatto un grandissimo sforzo da parte di Netflix e di Indiana e questo credo che sia una cosa meravigliosa, difficile e complicata perché girare a duemila, 2.500 metri con la neve, con il freddo, con la troupe”.
Il team produttivo di affida alla “natura e alle sue leggi al 100%” e questo genera delle difficoltà enormi. Dall’altro lato, però, sia la narrazione sia la resa visiva ne giovano. Gli attori, al cospetto del vero campanile del lago di Resia, insieme ai registi, si trovano a vivere davvero quel posto e “fare il viaggio che fanno i nostri personaggi della storia”.
È come se il campanile fosse un personaggio della storia. Lyda Patitucci, regista, ne svela l’importanza. Il campanile “è il simbolo di una storia che c’è, c’è stato in quella comunità e di cui noi raccogliamo un respiro, una sensazione. Ogni volta che vediamo il campanile ce la ricorda. È un elemento di cardine, di grande impatto”. Il campanile è anche un “monito” che può essere esteso a tutto il lago. Quest’ultimo è meraviglioso ma si coglie anche la violenza della scelta dell’uomo di “ingabbiare la natura in un luogo comunque artificiale con una diga alle spalle”.
Non è un caso che l’emblema del paese reale, ma anche della serie con la sua locandina sia proprio il lago.
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