“La tragicità e la comicità forniscono una caricatura della vita, non il suo riflesso”: la frase di Friedrich Nietzsche, raccolta nei suoi Frammenti Postumi 1869-89, ben riassume il dissacrante racconto del FIFA Gate di El Presidente.
Basata su fatti realmente accaduti e sull’inchiesta che nel 2015 portò alla luce un complotto da 150 milioni di dollari, la serie all’esordio venerdì 5 giugno su Amazon Prime Video presenta in chiave tragicomica la storia di un mediocre impresario calcicstico, Sergio Jadue (Andrés Parra). Questi, partendo dalla piccola squadra locale di La Calera, arriva a quella che Pietro Nenni chiamava “La stanza dei bottoni” del calcio sudamericano, puntando gli occhi sulla presidenza della FIFA.
In El Presidente, il calcio giocato è pressoché assente: lo spettacolo è offerto dalle eminenze grigie del calcio sudamericano, dirigenti spudorati e orgogliosamente corrotti. “O mangiamo tutti, o non mangia nessuno” dice uno di loro al protagonista Jadue nel primo episodio quando quest’ultimo è recalcitrante ad accettare la sua prima mazzetta.
Tra i registi della serie c’è Armando Bó, vincitore (assieme a Alejandro González Iñárritu, a suo cugino Nicolás Giacobone e ad Alexander Dinelaris, Jr) del Premio Oscar 2014 nella categoria Migliore Sceneggiatura Originale per Birdman.
L’autore argentino, nipote dell’Armando Bó celebre nel cinema sudamericano per i propri film che resero l’allora moglie Isabel Sarli un sex symbol, ha unito i propri sforzi a quelli di Amazon Prime Video, della casa di produzione Kapow e di Gaumont, lo studio che ha realizzato Narcos, per raccontare una storia dissacrante che prende di mira l’ossessione nei confronti del calcio dell’America Latina (e non solo).
In vista del debutto degli otto episodi, lo scorso aprile noi di Tvserial.it abbiamo raggiunto telefonicamente Armando Bó per conoscere i segreti di El Presidente.
TVSERIAL: Armando, perché hai scelto questa storia come soggetto di una serie televisiva e come ci sei arrivato?
BÓ: Sono un grande appassionato di calcio. [El Presidente, ndr] è una storia di uno scandalo di corruzione su scala mondiale, e questo apre ad una serie di opportunità narrative. L’idea di poter adattare questa storia [al piccolo schermo] e di raccontarla nel modo che io avevo in mente significava molto per me. L’elemento innovativo in questa serie è rappresentato dal fatto che al suo centro troviamo un nuovo tipo di mafia che non era mai stata raccontata fino ad ora. Questo mi ha dato anche l’opportunità di divertirmi con questi personaggi, senza adagiarmi troppo sugli elementi drammatici. Il mondo del calcio, e dei personaggi che facevano parte di questa mafia, è davvero esagerato. L’elemento comico deriva da loro stessi, dal modo in cui gestivano i loro affari, e dalla libertà con cui agivano per corrompere. Per me non era concepibile raccontare questa storia senza ricorrere a questo tono. Prima di iniziare i lavori mi chiesi se ci saremmo spinti troppo in là, o se era il punto di vista adatto per il progetto.
Sono molto orgoglioso di questa serie: è un grande storia su di un grande scandalo che ha travolto il mondo intero, ma parte tutto da una piccola nazione [il Cile, ndr] e da un piccolo, piccolo uomo [Sergio Jadue, ndr] che si scopre corrotto.
TVSERIAL: El Presidente mostra l’effetto domino di un atto di corruzione le cui ripercussioni si fanno sempre più grandi. Come sei riuscito a conferire questo aspetto al racconto, in un momento storico in cui le serie televisive ambiscono a portare in scena i grandi scandali finanziari?
BÓ: Il modo in cui vedo la corruzione non è drammatico. Forse sarà perché, venendo da un Paese [l’Argentina, ndr] che come l’Italia ce l’ha nel sangue (ride), anche il mio bisnonno era italiano. Per me la corruzione è un fatto naturale e presente nella nostra cultura, la vedi negli angoli delle strade e non è così assurdo per me pensare che queste cose accadano. Quando ho iniziato a lavorare alla serie, mi era chiaro che questo era il modo giusto di raccontare questa storia. Di fronte a questi personaggi, al modo in cui gestivano in totale libertà il loro sistema e alla loro capacità di mettere in relazione un Paese come il Cile con le alte sfere della FIFA, si rimane impressionati dal livello di follia raggiunto da questa scandalo. Ho trovato molto interessante in questa vicenda internazionale tutti i Paesi fossero uniti dallo stesso sistema adottato, dagli americani ai francesi, perché ne emerge un elemento molto umano.
TVSERIAL: Quella di Sergio Jadue è una tragedia, eppure la serie è fortemente comica. Come sei riuscito a bilanciare questi due registri? Non dev’essere stato facile.
BÓ: Molti dei film che ho realizzato in passato erano davvero molto drammatici, mentre ovviamente Birdman era una commedia. L’umorismo è davvero parte della mia vita, e per certi versi El Presidente è stata l’opportunità per me di liberarmi di questa serietà e di provare a divertirmi di più. Trattandosi di fatti realmente accaduti, per noi era importante che la storia fosse verosimile, e abbiamo lavorato molto al tono giusto per raccontarla. Il mondo assurdo che abbiamo creato in realtà è scaturito da una comicità che era già presente: abbiamo soltanto dovuto rifinirla e tirarla a lucido. Sono grato ad Amazon e a Gaumont [la casa di produzione, ndr] per la libertà creativa che mi hanno garantito: è bello quando una serie televisiva ha un punto di vista, cosa che raramente accade.
Il tono usato in El Presidente riflette il modo in cui io vedo questo scandalo di corruzione: è una storia fresca, divertente, i personaggi sono folli, mi prendo gioco dell’America Latina e del modo in cui è considerato il calcio. Io ne sono un grande fan ma sono anche molto cinico nei confronti della foga che abbiamo di fronte a ventidue persone che inseguono un pallone: trovo questo molto divertente – è assurdo quanto il calcio sia importante, o come le persone possano soffrire perché la propria nazione ha perso al Mondiale.
Per me è stato un viaggio molto personale e ambizioso nella qualità che volevo ottenere, ma ho avuto grande sostegno da parte della squadra e sono molto felice che possiamo finalmente mostrarlo al resto del mondo.
TVSERIAL: Il personaggio che colpisce maggiormente è Julio Grondona, il padrino del calcio argentino. Perché hai deciso di renderlo la voce narrante della serie?
BÓ: A dire il vero, quando ero più giovane incontrai personalmente Grondona ad una partita del Mondiale. Eravamo alla ricerca di un personaggio che fosse invischiato in quel mondo, e chi meglio del famigerato “Papa”? Grondona inizia a raccontare la storia quando passa a miglior vita, è da lì che nasce la commedia per me: a quel punto era finalmente libero e non aveva più nulla da perdere.
Ci sembrava molto interessante partire da lì, con Grondona che rompe la quarta parete e si rivolge direttamente allo spettatore per scoperchiare questo vaso di Pandora. Nel corso degli episodi, questo espediente sorprenderà gli spettatori perché crescerà e cambierà in modo inaspettato: non è il fatto che sia lui il narratore, quanto il modo di raccontare questa storia.
Questo è un nuovo tipo di mafia: ne abbiamo visti tanti in passato, i narcos, il contrabbando di alcol, ma questa è inedita. Eppure non vendono nulla di tangibile: non vendono droghe, ma si approfittano delle nostre passioni e questo è molto interessante.
TVSERIAL: Pensi che, come dice Sergio nella serie, “Il calcio è della gente”, oppure è in realtà nelle mani di questi presidenti?
BÓ: Il calcio è il calcio e io sono ne sono un appassionato, i miei idoli sono Maradona, Messi: seguo le partite per i giocatori. D’altro canto, non è necessariamente malvagio quello che [questi presidenti, ndr] hanno creato, ovvero uno spettacolo al quale tu vuoi partecipare. Sarebbe sbagliato se dicessi che il calcio non è rilevante, perché lo è per chi lo segue e per i giocatori.
Non li considero gli esseri peggiori sulla terra: è per questo che mi sono divertito a giocare con il tono. Loro non stanno uccidendo persone né rubando soldi, li stanno riciclando: quello che fanno è qualcosa di astratto, ecco perché sembra quasi una parodia.
Molte delle cose che hanno fatto questi presidenti non sono sbagliate: questo la dice lunga su ciò che siamo diventati noi esseri umani. Siamo noi, alla fine, ad avere creato questi spettacoli.
TVSERIAL: Perché pensi che il FIFA Gate abbia avuto così poca risonanza in Europa rispetto a quanto accaduto in America Latina?
BÓ: Penso che sia parte di un processo, e questo nell’epilogo serie lo raccontiamo spiegandone anche il perché: non voglio entrare troppo in dettagli, o guasterei la sorpresa. Credo che fosse più facile esplorare [lo scandalo] dall’America Latina, dove tutto questo era molto più lampante, e ci dev’essere stato chi ne ha approfittato per smascherare [l’intero sistema, ndr]. Penso che si sia trattato di una decisione presa da qualcuno perché era il momento giusto per farlo.
TVSERIAL: Pensi che la storia sia destinata a ripetersi, visto tendiamo a dimenticarcela troppo in fretta?
BÓ: Credo che mai quanto oggi il mondo stia cambiando, ma la corruzione è insista negli esseri umani. Non credo che succederà di nuovo quello che abbiamo già visto, ma staremo a vedere in futuro. Quel giro di affari è talmente assurdo e potente che magari ci sarà sempre qualcuno dietro le quinte che se ne approfitta.
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