Five Nights at Freddy’s, la recensione
Il terrificante videogioco horror Five Nights at Freddy’s diventa un film prodotto da Blumhouse (M3Gan), che uscirà nelle sale italiane il prossimo 2 novembre e in anteprima il 31 ottobre.
Il film segue Mike (Josh Hutcherson; Ultraman, il franchise di Hunger Games), un giovane tormentato che si prende cura della sorella di 10 anni Abby (Piper Rubio; Una promessa per Natale, Unstable), ed è perseguitato dalla scomparsa irrisolta del fratello minore avvenuta da più di un decennio.
Licenziato di recente e alla disperata ricerca di un lavoro per poter mantenere la custodia di Abby, Mike accetta un posto come addetto alla sicurezza di un ristorante a tema abbandonato: la Pizzeria Freddy Fazbear. Ma Mike si rende presto conto che niente al Freddy è quel che sembra. Con l’aiuto di Vanessa Shelly, un’agente di polizia locale (Elizabeth Lail; You, Mack & Rita), le notti di Mike da Freddy lo porteranno a incontri inspiegabili con il soprannaturale, e lo trascineranno nell’oscurità dei suoi incubi.
Universal Pictures presenta il film diretto da Emma Tammi (The Wind, Into the Dark: Blood Moon) che ha provato a trasportare il successo del videogioco anche sul grande schermo. Parliamo di tentativo perché quello che ne deriva dall’adattamento curato anche dal creatore del videogioco Scott Cawthon (qui in veste di co-sceneggiatore), è un risultato confuso, pieno di troppe “cose” già dal primo atto della pellicola. Sequenze oniriche in stile Inception, dramma, jumpscare, per una trama che inizia come una versione drammatica della saga dei film con Ben Stiller Una notte al museo.
Emma Tammi e Scott Cawthon sembrano così incerti sulla direzione che il film Five Nights at Freddy’s deve prendere, che lo spettatore ha la sensazione di vedere due film diversi contemporaneamente. Il film passa da discorsi schietti sui traumi infantili a goffaggini da film per bambini, con toni imbarazzanti e stranamente noiosi, dipanando un mistero tanto prevedibile quanto poco interessante. Per chi non conosce il videogioco, il film è una seducente ambientazione retrò anni ’80, con richiami a Stranger Things per i videogiochi e le luci a neon.
Con l’aiuto dell’inquietante consulente di carriera Steve (Matthew Lillard, Scream, Scooby-Doo), Mike trova lavoro come guardiano notturno in questa pizzeria per bambini abbandonata, caratterizzata da pupazzi in animatronic, senza “fare i compiti a casa”. Dopo la morte dei genitori, gli viene affidato il compito di prendersi cura della sorella minore, nonostante le interferenze della zia (Mary Stuart Masterson). Mike rimane bloccato, perseguitato per sempre dalla scomparsa del fratello quando erano bambini, e cerca di scoprire cosa gli è successo rivivendo ogni notte in sogno il giorno della sua scomparsa.
Mike ha probabilmente problemi più grandi delle temibili mascotte animali sovradimensionate che si aggirano sul suo nuovo posto di lavoro. Se non si dà una regolata, potrebbe perdere la custodia della sorellina a favore della zia, cattiva come un cartone animato.
Un’occasione mancata
Le basi per una trama avvincente ci sono tutte. Il problema sono le numerose pinze inserite e i buchi di trama che si porta dietro il film. Ogni notte da Freddy sembra che stiamo per entrare nel pieno della suspense, ma il tempo in questo cimitero di neon è breve. Torniamo in periferia. Mike che lotta per la custodia della sorella e con i suoi demoni interiori nel cercare di cambiare un passato. Il rapporto con l’agente di polizia Vanessa (Elizabeth Lail) è un riempitivo che rende il mistero del film debole. Col passare dei minuti si abbassa troppo la tensione.
Troppo dialogo e, a parte qualche salto sulla poltrona grazie agli effetti audio, pochi momenti da cardiopalma. Il brivido della notte fonda non arriva mai, è frenato. Le scene di morte sono limitate e censurate e di sangue se ne vede veramente poco. Di potenziale per fare meglio ce ne era abbastanza. Purtroppo anche la rivelazione finale è stata abbastanza telefonata. La grande resa dei conti è una grande delusione. Nonostante i design dei pupazzoni sia ottimo, la messa in scena non lo è allo stesso modo. Peccato.
Per il resto, la regista svolge un lavoro perlopiù competente e il suo film appare più curato di molti film di Halloween di quest’anno. Però non basta a coprire le numerose crepe che la sceneggiatura introduce, e a pareggiare la paura che suscita il videogioco. Nota positiva è sicuramente il ritorno di Josh Hutcherson in un film. Lui molto bravo e sarebbe bello vederlo più spesso in altri lavori di spessore e franchise di livello come i tempi di Hunger Games. Ci sei mancato Josh.
Five Nights at Freddy’s, videogioco
Come ha fatto un gioco horror indie “punta e clicca” a diventare uno dei più grandi successi multimediali dell’ultimo decennio?
Il primo gioco, in particolare, è un ingegnoso assalto ai nervi. Ambientato in una pizzeria abbandonata in stile Chuck E. Cheese, dove le attrazioni animatronic prendono vita di notte. L’originale FNaF traeva la sua forza crudele dalla sensazione di impotenza che lasciava al giocatore. Non si hanno armi, né vie di fuga, solo una gamma limitata di azioni difensive, tutte legate a una fonte di energia in rapido esaurimento. Un esercizio di minimalismo da incubo, un simulatore di sorveglianza di sventura.
Five Nights at Freddy’s, mette i giocatori nei panni di Mike, un guardiano notturno assunto per sorvegliare la pizzeria a tema abbandonata, Freddy Fazbear. I giocatori scoprono ben presto che si devono preoccupare degli animatronic del ristorante –Freddy Fazbear, Bonnie, Chica e Foxy il Pirata. Perché queste enormi creature sembrano prendere vita tra la mezzanotte e le 6 del mattino. Dopo la visione del film, è meglio tornare a giocare.
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