Fly Me to the Moon – Le due facce della Luna, recensione
La nuova esilarante commedia Fly Me to the Moon – Le due facce della Luna arriva al cinema il prossimo 11 luglio. Una storia – inventata – che ruota attorno all’allunaggio del 1969. Uno degli eventi storici che ha segnato l’umanità e ha reso l’America grande, consacrando la propria consapevolezza e superiorità nei confronti dei russi. Il film diretto da Greg Berlanti (The Flash, Everwood, Dawson’s Creek) è scritto da Rose Gilroy con un cast stellare composto da Scarlett Johansoon, Channing Tatum, Nick Dillenburg, Anna Garcia, Ray Romano e Woody Harrelson.
La storia di fantasia creata da Keenan Flyn e Bill Kirstein narra di Kelly Jones (Scarlett Johansoon) una donna prodigio del marketing, assunta dal governo degli Stati Uniti per rilanciare l’immagine pubblica della NASA. Sopratutto gli ascolti televisivi dei lanci nello spazio che hanno sempre un minore interesse di pubblico. Jones si scontra con Cole Davis (Channing Tatum), il direttore del programma di lancio dell’Apollo 11. Un uomo devoto alla NASA come pochi nel suo genere, ciecamente dedito alla missione e a rendere omaggio il suo Paese.
I due si scontreranno perché il governo, sotto la guida del presidente Nixon, da l’ordine a Kelly di ricreare in studio l’allunaggio. Inscenare l’atterraggio di Amstrong e compagni in un hangar della NASA a pochi metri dal lancio dell’Apollo 11. Lo scopo è quello di proteggere l’immagine pubblica americana. Trasmettere il finto video in caso di fallimento, ma tenere l’audio originale. La missione è troppo importante per apparire deboli ai russi. La pellicola è un rollercoaster che non si espone mai troppo e lascia sempre il pubblico con il sorriso e il beneficio del dubbio.
Una commedia intelligente
Una commedia intelligente che gioca bene con un mito americano molto rischioso da dissacrare. Molti complottisti, negli anni hanno definito l’allunaggio un fake, dichiarando che le immagini siano state girate in studio, dirette da niente di meno che Kubrick (menzionato nel film). In realtà, Fly Me to the Moon ha avuto il privilegio di avere il sostegno della NASA e la possibilità di lavorare con diversi consulenti tecnici che avevano svolto ruoli importanti presso l’agenzia spaziale durante gli anni dell’Apollo.
L’idea originale del film è partita dal responsabile della These Pictures Keenan Flynn: cosa succederebbe se tutto ciò che milioni di persone hanno sentito il 20 luglio 1969 fosse il vero audio di persone che camminano sulla Luna, ma le immagini che hanno visto fossero state falsificate in stile Hollywood? A Johansson l’idea piacque abbastanza da svilupparla; Flynn e lo scrittore Bill Kirstein lavorarono alla storia prima di affidarla alla sceneggiatrice Rose Gilroy. All’epoca, la Johansson intendeva solo produrre il film e non lo stava sviluppando pensando a lei come protagonista. Tutto è cambiato quando la Gilroy le ha consegnato la prima bozza. “Non ho mai avuto intenzione di interpretare Kelly”, racconta l’attrice, “ma quando è arrivata la sceneggiatura è stato amore a prima vista”.
“Da produttrice donna, lavorando con una scrittrice donna, che aveva creato un personaggio femminile forte, dovevo interpretare Kelly per forza”. Johansson insieme a Tatum sono due icone del cinema che portano in scena una perfetta alchimia, divertente, sentimentale con tanti riferimenti ai grandi classici.
Easter egg e riferimenti culturali
Gli easter egg non mancano: Top Gun, Forrest Gump, Toy Story, I Minions e addirittura i Simpsons. Perché in un episodio dell’iconica serie animata, Homer viene mandato nello spazio perché gli ascolti tv della NASA sono bassissimi. Per ovviare il problema, gli addetti ai lavori decidono di mandare nello spazio un uomo comune: Homer Simpson. Kelly Jones è un genio del marketing e il suo scopo e di creare più product placement possibili. Fa indossare agli astronauti orologi di marca, mangiano cibi di una certa marca, gli fa dire frasi poi diventate slogan della storia contemporanea.
Negli anni della Guerra Fredda, gli astronauti erano considerati degli influencer e modelli da usare per pubblicizzare prodotti da indossare, cibi o bevande da consumare. A proposito di frasi da ricordare, Fly Me to the Moon lascia l’idea originale a Neil Amstrong delle sue parole: “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”. – “Non avrei saputo scrivere di meglio”. Dice Kelly dopo il gesto dell’astronauta sulla Luna.
Per il ruolo del losco personaggio dell’amministrazione Nixon, Moe Burkus, i registi hanno scelto Woody Harrelson. È di Burkus l’idea di assumere Kelly per far passare gli astronauti dell’Apollo 11 come eroi, e la donna li impiega per vendere di tutto, dagli orologi ai cereali per la colazione. “Moe è un personaggio oscuro e misterioso che rimane nell’ombra ma che esercita un grande potere. Sta anche lavorando a qualcosa che ha a che fare con il Vietnam, magari facendo sembrare che abbiamo vinto”. Le parole del suo interprete per un personaggio macchietta ma congeniale alla situazione. La stessa sceneggiatura, sopratutto i dialoghi di Moe sono una parodia delle varie leggende anni Sessanta e Settanta in America.
Si menziona l’Area 51, gli alieni, tutti i vari misteri che hanno sempre affascinato gli amanti della storia, proprio per il loro alone di non verificato. Il regista Berlanti scegliendo Harrelson ha avuto a disposizione un attore in grado di creare un personaggio che il pubblico avrebbe amato, poi odiato e poi amato di nuovo.
Una commedia americana verificata
Per essere chiari, non c’era un piano top-secret per trasmettere un finto sbarco sulla Luna al posto di quello vero. Ma il modo in cui Fly Me to the Moon – Le due facce della Luna descrive la dedizione dei personaggi al lavoro e il sogno della Luna è tutto vero. La NASA ha capito l’intento di voler celebrare i risultati raggiunti. Si tratta di una vera celebrazione e non dissacrare. Dato che la parte del finto allunaggio è il lato più goliardico e comico della storia.
Per rendere ancora più vera la messa in scena, sono stati incorporati i filmati d’archivio con i girati del film. In aggiunta, sono state utilizzate molte tecniche di montaggio classiche degli anni ’60 – salti mortali, split screen. La magia del terzo atto consiste nel mostrare il falso e il reale allo stesso tempo e nel non sapere come stanno le cose. Una volta arrivati allo sbarco sulla Luna, ci troviamo su uno schermo televisivo e su uno schermo nello schermo, andando avanti e indietro.
Fly Me to the Moon – Le due facce della Luna risulta una commedia leggera che ti permette di distrarti dal quotidiano. Rilassante che non crea pesantezza al pubblico, ma semplici sorrisi. La semplicità: una cosa che manca da troppo tempo e un film come questo ci permette di tornare a vivere.
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