Il Clandestino: intervista a Edoardo Leo (Luca Travaglia) e Rolando Ravello (il regista)
È al via lunedì 8 aprile 2024 su Rai 1 la prima stagione de Il Clandestino – Un investigatore a Milano. In questa intervista a Edoardo Leo, interprete del protagonista Luca Travaglia, e al regista Rolando Ravello scopriamo di più su questa fiction ambientata a Milano.
Trovi il video con l’intervista completa a Edoardo Leo (Luca Travaglia) e Rolando Ravello (il regista) all’inizio di questo articolo.
Il punto debole di Luca Travaglia è il muro che lui stesso costruisce
Avventurandoci per la prima volta nel mondo de Il Clandestino, in questa intervista Edoardo Leo ci introduce al personaggio di Luca Travaglia. Lui costruisce un muro in seguito al lutto: tiene lontane le persone. Dato che successivamente si sgretola, questa muraglia ha qualche falla… Oppure “È proprio il muro il punto debole. All’inizio mette un muro tra lui e gli altri. A un certo punto, si rende conto che, invece, deve aiutare gli altri perché li conosce – finalmente. Avendo fatto un errore così grande, avendo provato un dolore così grande, si rende conto che bisogna abbattere i muri e cercare di entrare in contatto con le persone”, spiega l’attore.
Questa intervista è decisamente divertente, con gli interventi del regista Rolando Ravello, come “ma voi non mi trovate molto maschio? Mi chiedevo…” E le risposte di Edoardo Leo che gli dà corda. “Sì, io sì, una cifra!”, replica.
Luca Travaglia “riscopre la possibilità di poter vivere una vita aperta agli altri”.
Al regista de Il Clandestino, Rolando Ravello, in questa intervista chiediamo di spiegarci il significato profondo del soprannome del protagonista, che poi è anche il titolo della serie. “Sì, questa è una domanda seria: ‘il Clandestino’!” risponde. Edoardo Leo dà la sua versione tanto breve quanto esaustiva: “‘Nomina sunt consequentia rerum’: Travaglia.”
Poi Rolando Ravello ci fornisce una spiegazione più dettagliata. Luca Travaglia è “clandestino rispetto a sé stesso, rispetto alla propria umanità, rispetto alle proprie emozioni. Invece, “il clandestino qui” diventa prototipo di un’umanità che – purtroppo – frequentiamo tutti i santi giorni perché – ormai – siamo clandestini rispetto a noi stessi, rispetto alle nostre emozioni. Viviamo nella paura.” In questo il protagonista della serie è differente da noi. “Lui, invece, riscopre la possibilità di poter vivere una vita aperta agli altri, grazie a quelli che normalmente noi nella vita quotidiana non vediamo e non vogliamo vedere”.
L’importanza di “dedicarsi” e della “condivisione”
Luca Travaglia si dedica a chi scompare agli occhi di tanti. In che modo questa fiction può insegnarci l’importanza di dedicarsi ai cosiddetti “ultimi”? Anche qui non manca l’ironia di Edoardo Leo: “Io mi sono dedicato a un ultimo…”. Pensando a Il Clandestino, in questa intervista Rolando Ravello affronta un tema socialmente delicato: “Il problema non è dedicarsi agli ultimi o no. Il problema qui è dedicarsi, nel senso che dovremmo aprirci, riaprirci, condividere. Il termine “condivisione” non si usa più. Viviamo in un arrocco – quel muro di cui si diceva – perenne. Lo vediamo a che cosa sta portando, a che cosa ha portato. Un passino indietro, riapriamoci. Guardiamoci negli occhi, invece di guardare sempre il basso – perché si cammina così e si parla così, guardando sempre in basso – invece è bello – nel suo caso, no! – se possiamo vederci e guardarci in faccia apertamente.”
Edoardo Leo chiude con la conclusione che abbiamo pensato noi: “Come posso contraddire Ravello? Non è possibile!”.
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