Immaculate – La prescelta, la recensione
Il film tanto atteso Immaculate – La prescelta arriva al cinema l’11 luglio nelle sale cinematografiche italiane. La pellicola diretta da Michael Mohan vede come protagonista la stella ascendente del cinema Sydney Sweeney in un ruolo inedito e al tempo stesso tanto intelligente per la sua carriera.
Il film distribuito da Adler Entertainment e Leone Film Group è un body horror con rimandi ad altre opere di genere come Rosemary’s Baby o Suspiria, e contiene tutti gli elementi in regola dello stilema con l’aggiunta di una ambientazione, un convento di suore, un’aggiunta chiave per la storia.
Cecilia (Sweeney) è una giovane novizia che arriva dall’America in Italia, siamo in provincia di Roma. La suora viene chiamata per trasferisti in un remoto convento nella campagna italiana. Quello che sembra un posto sicuro si trasforma in una prigione e in un incubo per Cecilia. La suora scopre che il convento nasconde delle forze oscure celate tra le catacombe romane.
Alcune star di Hollywood rimangono vittime dei loro ruoli, Sydney Sweeney non è tra queste. Dopo una costante lotta contro il giudizio nei confronti del suo corpo, l’attrice di Euphoria porta in scena Cecilia, una suora che rimane misteriosamente incinta nonostante la sua castità. Immaculate parla principalmente di forze maligne che si sentono autorizzate ad usare il corpo femminile a proprio piacimento e gli impongono il loro significato. In questo caso giocano a fare Dio. Sweeney prosegue la sua lotta all’oggettivazione del corpo, verso l’uso manipolato da terzi e una lotta per l’autonomia corporea.
L’autonomia corporea
Già all’inizio incontriamo Cecilia alla frontiera dove due uomini la squadrano da testa ai piedi e la giudicano per il suo aspetto, scambiandosi commenti in italiano su quanto sia una spreco che il suo corpo si dedichi esclusivamente a Cristo. Cecilia sta scoprendo il suo scopo spirituale, deve dare ancora i voti e si trasferisce in un convento molto gotico nella campagna laziale. Fin dalle prime inquadrature, Mohan realizza una regia di citazioni a partire da Shining con una ripresa aerea dell’auto lungo la strada che raggiunge un luogo – apparentemente – di pace che cela nelle segrete, morte. Non solo, ma la fotografia e le inquadrature nella penombra ricordano molto il cinema di Shyamalan. Nell’oscurità si insidiano misteri che minacciano la vita delle suore del convento, mentre i lunghi silenzi ci ingannano, in attesa di un jump scared che arriva quando meno te lo aspetti. O peggio – a volte non arriva mai e la sensazione è ancora più disarmante. L’ambientazione con l’aggiunta delle catacombe rende Immaculate più inquietante tra il fascino e l’orrido del fanatismo religioso.
Un cast italiano
Immaculate ci permette di godere della bravura anche di diversi talenti italiani. Nel cast figurano Simona Tabasco (The White Lotus), Benedetta Porcaroli, nel ruolo della suora ribelle che mette in dubbio la fede e gli ideali del convento. Giorio Colangeli ed inoltre – dalla Spagna – il Professore de La casa di carta Álvaro Morte nei panni di Padre Tedeschi.
Nel complesso, la pellicola intrattiene anche se non spicca di livello, ma raggiunge il suo scopo per una produzione a basso budget. La sceneggiatura di Andrew Lobel non è tra le più convincenti, ma il progredire della storia con risvolto revenge nel terzo atto è esattamente ciò di cui la storia ha bisogno. La morte è nell’aria ancora prima che l’immacolata Cecilia arrivi al convento, nelle ombre inquietanti tra simbolismi, fanatismo e scienza. Perché alla fine c’è anche uno dei rapporti più travagliati della storia della chiesa, ovvero quello con la scienza e anche Immaculate tocca questo conflitto con ripercussioni dannose, ancora una volta, verso il corpo femminile.
Tra le protagoniste ci sono le ombre oscure, quei chiaroscuri in stile Caravaggio, essenza del barocco italiano. Tra sfigurazioni corporee e i più vecchi tropi del genere a sua disposizione, Immaculate ci regala un’interpretazione commovente, angosciante e convincente di Sydney Sweeney anche produttrice del film. Il segreto è lo sguardo dell’attrice. Due occhi che si ribellano al patriarcato, si induriscono con sfida così appassionata da sembrare veramente personale per l’attrice.
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