Intervista con Lee Jong-pil regista di Escape, al Florence Korea Film Fest 2025
Durante il Florence Korea Film Fest 2025, ho avuto l’opportunità di intervistare Lee Jong-pil, il regista di “Escape,” che ha ricevuto la sua anteprima nazionale proprio durante il festival. La sua ispirazione per il film è emersa sia da eventi contemporanei che storici. Lee racconta come “Un soldato nordcoreano, ucciso mentre tentava di fuggire verso il Sud”, abbia acceso la scintilla, ma è stata una vicenda di due giovani africani, che si sono aggrappati a un aereo nella speranza di raggiungere l’Europa, a definirne la direzione creativa. “Cos’è questo istinto umano… che ci spinge a desiderare una vita migliore?” si chiede il regista.
Creare profondità nei personaggi
I protagonisti del film, interpretati da Lee Je-hoon e Koo Kyo-hwan, incarnano destini divergenti e complessi. Jong-pil descrive il suo approccio rigoroso nel dirigere Je-hoon nei panni di Kyu-nam , un sergente fermamente deciso a fuggire: “Ho proposto un tipo di recitazione molto preciso… il suo personaggio non ha dubbi nella volontà di fuggire.” Al contrario, per Li Hyun-sang, l’inseguitore interpretato da Kyo-hwan, Lee ha incoraggiato un’interpretazione più sfumata: “Ho voluto che esprimesse questa sua complessità, per evitare di essere solo un cliché.”
La Corea: un mondo di mistero e sogno
Il regista esplora la complessità delle relazioni tra Corea del Nord e del Sud. “Per me la Corea del Nord… è un po’ la terra del mistero”, afferma Lee, che ha utilizzato le sue esperienze di servizio militare come fonte di ispirazione. Ha cercato di evocare un incubo nel suo film, principalmente ambientato al Nord, e invita il pubblico a riflettere: “Non volevo che la Nord-Corea sembrasse qualcosa di diverso… è una storia che riguarda anche me.”
Possibilità e sogni semplici
Un tema centrale di “Escape” è il desiderio di possibilità. Verso la fine del film, il protagonista esprime un semplice desiderio per la Corea del Sud: “La possibilità di sbagliare.” Questo risuona profondamente in Lee, che ricorda: “La prima volta che scrissi una sceneggiatura… ero davvero distrutto… mi dicevo: Ok, non sono capace nemmeno di fallire.”
Un set che riflette un sogno
Nella creazione di un set realistico, Lee ha puntato più sulla percezione onirica che sull’accuratezza storica. “Piuttosto che una rappresentazione realistica,” spiega, “era più focalizzato su come un sudcoreano immaginerebbe il Nord.” La sua passione per il cinema si riflette nei suoi riferimenti, tra cui il fascino per i film di Federico Fellini e “La Strada”: “L’idea della strada… tutte quelle immagini che vanno via e sfuggono, mi affascina.”
Il viaggio personale verso la regia
Il viaggio di Lee Jong-pil verso la regia inizia con una cotta adolescenziale che non viene ricambiata. Ricorda: “Quando la ragazza se ne andò, mi sentii davvero male.” In quel momento di tristezza, si butta nella visione dei film: “Guardare film era l’unico modo per trovare conforto.” Da quella passione nasce l’ambizione di diventare un grande regista, con la speranza di poter un giorno rincontrare quella ragazza. “Pensavo che se fossi diventato un regista famoso, forse ci sarebbe stata la possibilità di rivederci.” Sebbene il destino non li abbia mai riportati insieme, il suo percorso lo ha portato a realizzare il sogno di diventare un regista di successo.
Con questa intervista al Florence Korea Film Fest 2025, Lee Jong-pil ci ha offerto non solo un’esplorazione del suo nuovo film, ma anche un profondo sguardo nel cuore e nella mente di un regista che intreccia esperienze personali e racconti globali. È evidente che la sua visione artistica è guidata da un’intensa riflessione sulle aspirazioni umane e sulle complessità delle relazioni fra le persone, indipendentemente dal contesto culturale o geografico.
Attraverso “Escape,” Lee riesce a toccare temi universali di desideri, sogni e possibilità, invitando ogni spettatore a rispecchiarsi nei suoi personaggi e a riflettere sulle proprie esperienze di vita. La sua abilità nel raccontare storie di fuga e ambizione, mescolando elementi di dramma e suspense, crea un’opera che intrattiene e provoca pensieri e discussioni profonde. In un mondo spesso diviso, il suo lavoro sembra volerci ricordare che, in fondo, ciò che ci unisce sono i nostri sogni e la nostra ricerca di libertà.
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