L’amica geniale in che anno è ambientato?
In che anno è ambientato il racconto de L’amica geniale 3? Riparte da domenica 6 febbraio 2022 su Rai 1 l’emozionante fiction ispirata agli omonimi romanzi di Elena Ferrante, pubblicati in Italia da edizioni e/o.
Parliamo della nota quadrilogia composta da L’amica geniale (2011), Storia del nuovo cognome (2012), Storia di chi fugge e di chi resta (2013) e da Storia della bambina perduta (2014).
In ciascuno dei romanzi seguiamo l’appassionante storia di Elena “Lenù” Greco (Margherita Mazzocchi) e di Raffaella “Lila” Cerulo (Gaia Girace). Due ragazze molto diverse tra loro accomunate però da un grande legame fatto di conflitto e amicizia destinato a durare per sempre.
All’inizio dei libri ci troviamo in un rione di Napoli negli anni Cinquanta, ma la storia delle due ragazze dura per tutta la vita, fino quindi al primo decennio degli anni 2000.
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Nel corso di quegli anni vediamo le nostre protagoniste crescere immerse in situazioni di violenza e ignoranza legate al quartiere e alle persone della loro vita. All’inizio Elena è una bambina molto diligente che per questa qualità attira l’attenzione di uno degli insegnanti, ma è Lila il vero genio della sua classe.
Elena soffre molto la competizione con Lila, e per questo prova in tutti i modi a superare i propri limiti. Ma se da una parte i suoi genitori le permettono di studiare e dar sfogo alle sue passioni, dall’altra quelli di Lila non le danno la possibilità di perseguire gli studi, impedimento che cambierà per sempre il destino della ragazza, e della loro amicizia.
Nel terzo capitolo, Storia di chi fugge e di chi resta, ritroviamo Elena e Lila ormai donne immerse nei rivoluzionari anni Settanta. Da una parte Elena è una scrittrice di professione, vive a Firenze e può permettersi le sue trasgressioni, mentre Lila ha lasciato Stefano Carracci ed è tornata a Napoli dalla sua famiglia, regredendo quasi a uno stupore infantile.
“A me quegli anni lontani sembravano vicini per ragioni anagrafiche, ma non è stato lo stesso per gli attori” ha ammesso il regista Daniele Luchetti in una nota.
“Mi sono trovato spesso a spiegare a persone molto più giovani di me cosa fosse stata la rivoluzione dei costumi degli anni ‘70 e a chiedere loro di identificarsi in quei tentativi di cambiamento e dissoluzione, per poterne rappresentare credibilmente quell’energia dubbiosa che ne costituiva la materia.”
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