M – Il Figlio del Secolo, la recensione della serie Sky Original
Dopo l’anteprima mondiale all’81esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, fuori concorso, la nuova serie Sky Original M – Il Figlio Del Secolo, arriva il 10 gennaio 2025 su Sky e NOW. Un’opera magistrale sulla nascita del potere di Mussolini, tratta dal romanzo omonimo e vincitore del Premio Strega di Antonio Scurati.
Quando si miticizza il male non si può non pensare a Il Padrino per quanto riguarda il cinema. Un male decostruito, umano, orrendo, ma attraente. Con la nascita della storia della fondazione dei Fasci Italiani del 1919, seguita dalla gesta dell’ascesa di Mussolini la sensazione può essere molto simile. Tra il distacco e disgusto è un fascino nella sua rappresentazione. Questo perché il maestro Joe Wright (Orgoglio e Pregiudizio, Anna Karenina) è un mago nel realizzare qualcosa di teatrale. I suoi personaggi sono spesso su un proscenio o racchiusi in luoghi simili a un palco scenico. Dialoghi su automobili che sembrano viaggiare nella storia in bianco e nero fuori dai finestrini che scorre attorno ai protagonisti. Un utilizzo delle illustrazioni dell’epoca accostate con magnificenza ad immagini di finzione.
Ne Il Padrino si parlava di mafiosi, con M – Il Figlio del Secolo si parla di fascisti. “Quelli come me non li capite. Ci vedete come pagliacci, bugiardi, buffoni, scandalosi. Può darsi, ma è irrilevante. Noi siamo il nuovo. Ogni epoca ne ha uno. Uno che da solo pensa che i suoi sogni possano realizzarsi”.
“La sapiente brutalità degli uomini forti”
Mussolini fonda il movimento politico dei Fasci italiani di combattimento nel 1919, partendo dalle ceneri dei reduci della Grande Guerra. Uomini delusi da un movimento socialista mai veramente pronto a fare una rivoluzione. “Con gli ultimi si fa la Storia”. Persone reiette, ai margini della società si uniscono alla lotta verso una parabola discendente che porterà Mussolini in Parlamento, fino al delitto Matteotti.
Tom Rowlands, noto anche per essere parte del duo britannico di musica elettronica The Chemical Brothers, ha curato la colonna sonora, molto importante per la serie. Questo perché sostiene con ritmo gli episodi (otto in totale) della serie che ricorda a tratti lo stile di Peaky Blinders. Montaggi alternati di pestaggi, uccisioni, violenze e dialoghi pregni di parole con significati profondi. Fonemi che hanno un potere ancora più rilevante dato il periodo storico. Siamo negli anni Venti, gli anni del Futurismo, di Marinetti, di D’annunzio, dei poeti guerrafondai. Anni di eccessi proibiti, spesso non ricordati che per certi versi riecheggiano alcuni istanti mostrati nel film Babylon, ambientato negli stessi anni ma a Los Angeles.
Nei panni di Benito Mussolini, c’è Luca Marinelli, il cinque volte nominato ai David di Donatello. La sua interpretazione è così potente che fin da subito ci si dimentica che stiamo vedendo l’attore di Martin Eden in scena. Sullo schermo c’è Benito Mussolini. Una trasformazione fisica, posturale e vocale. Di fatto, lui e Benedetta Cimatti, la moglie, Rachele Mussolini parlano in un particolare romagnolo forlivese. Marinelli, oltre a reggere tutta la narrazione, mostra sia la follia di un personaggio storico sempre alla ricerca del consenso di tutti ad ogni costo. Il desiderio sfrenato di piacere e di sovrastare su chiunque gli vada contro. Ma – al tempo stesso – negare qualsiasi atrocità. Contraddirsi di continuo, sempre e comunque. “Il Fascismo è tutto e niente”. Ma non solo, perché l’attore di Tutti i santi i giorni porta anche un lato ironico di Mussolini, tra imprecazioni e interazioni con il resto del cast.
Un casting di livello stellare
Partiamo dalla parti femminili che dominano la narrazione a discapito di come invece erano oscurate nella realtà e nella storia. Oltre alla già citata Cimati nel ruolo di Donna Rachele, Barbara Chichiarelli (Suburra) è Margherita Sarfatti, amante e consulente del Duce. Infine, Elena Lietti che interpreta la moglie di Matteotti, Titta, è la visione e parte della presa di coscienza e della follia di Mussolini dopo la morte dell’ ex deputato del Regno d’Italia (interpretato da Gaetano Bruno).
Il racconto di Wright di un periodo storico destinato alla rovina è accompagnato da una regia con piani inclinati e lunghi piani sequenza. Una serie di espedienti tecnici che anticipano la catastrofe, nonostante il Duce durante tutta la serie sostiene di essere un animale che sa fiutare quando è giunta la sua ora. Frase che ha doppia valenza perché M – Il Figlio del Secolo, mostra anche come M più volte rinasce dalle sue stesse ceneri. Questo perché davanti a lui c’era un Paese, un Regno d’Italia alla deriva senza una vera presa di posizione potente, raffigurata dal Re Vittorio Emanuele III, interpretato da Vincenzo Nemolato. Impossibile non menzionare l’interpretazione di Francesco Russo nei panni di Cesare Rossi, probabilmente l’unico a non cadere nell’ombra di Marinelli quando è in scena con il Duce. Il braccio destro di Mussolini con cui instaura una relazione tossica per tutta la sua vita politica.
Una tragedia moderna in costume
Fin dalle prime battute, Mussolini parla al pubblico e rompe la quarta parete in stile House of Cards o Fleabag. Il primo episodio parte da un racconto di Benito, come se ci parlasse a noi nel presente, dall’al di là, in un monologo che ripercorre la sua storia, chiudendo su come sia possibile che ancora oggi il Fascismo sia in circolazione dopo tutto quello che c’è stato. “Mi avete amato, poi mi avete odiato. Ma ora il Fascismo è di nuovo tra voi”.
“Make Italy Great Again”, dice il Duce parlando alla camera con chiaro riferimento a Trump. M è un personaggio scomodo, il figlio del Ventesimo secolo, è il risultato di un clima storico, politico e culturale della sua epoca. In un Paese che in silenzio, complice e latitante ha permesso a questa figura dittatoriale di prendersi tutto: re, avversari politici, la chiesa e di rappresentare per molti un riscatto di identità. La sceneggiatura di Stefano Bises e Davide Serino fa anche spesso riferimento a figure falliche, simbolo di virilità di un mondo dominato dall’uomo.
Wright mette sul palcoscenico più volte Mussolini per dar sfogo alle sue facoltà di oratore convincente. Questo anche grazie a un lavoro di sceneggiatura e ricostruzione storica impeccabile fatto a Cinecittà. Mauro Vanzati e la sua squadra hanno ricreato un’ambientazione di un’epoca di delirio e in tutti gli episodi non si perde mai il filo del racconto. L’ossatura del romanzo di Scurati rimane forte a tenere le redini.
M – Il Figlio del Secolo non cade mai nella macchietta. Mussolini mette in campo anche il suo trasformismo, anticipando a noi che guardiamo il ruolo che sta per interpretare. Dal prestigiatore, al domatore di bestie, a rockstar. “Ogni epoca al suo”. Nella serie, l’umanità viene definita “disgustosa” e “siamo tutti pu****e”. Tradimenti, lotta per ideali rinnegati a favore del più forte perché incapaci di contrapporsi ad una figura dominante che non pensa, ma agisce. Perché sì, “il Fascista non pensa, il Fascista fa”.
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