Mickey 17, recensione del film di Bong Joon-ho
Sono una grande ammiratrice dei lavori di Bong Joon-ho, uno dei miei registi preferiti in assoluto. Con Parasite, ha riscritto la storia del cinema, diventando il primo cineasta non anglofono a vincere l’Oscar per il Miglior Film. Da opere come Snowpiercer e Okja, Bong ha mostrato una straordinaria capacità di intrecciare critica sociale e intrattenimento. Nel suo ultimo film, Mickey 17, il regista coreano ci offre un’ulteriore prova della sua maestria, anche se non senza alcune sfide.
La premessa: un concept audace
Mickey 17 ci catapulta nel 2054, dove seguiamo Mickey Barnes (Robert Pattinson), un astronauta destinato a essere un “espendable“, ossia un umano programmato per morire e rinascere. La tecnologia che permette questa “ristampa” del corpo mantiene intatte le memorie, rendendo la vita di Mickey una serie infinita di morti volgari e resurrezioni. Questa premessa, affascinante e inquietante, pone interrogativi sulla natura dell’identità e del valore umano in una società che sfrutta e annichilisce i suoi membri.

Un cast eclatante
Robert Pattinson brilla nel suo duplice ruolo, portando in vita due versioni di Mickey che, seppur identiche fisicamente, offrono sfumature diverse di personalità. Mickey 17 è vulnerabile e maldestro, mentre Mickey 18 è audace e cinico. Questa contrapposizione non solo consente a Pattinson di mostrare una gamma di abilità impressionante, ma arricchisce anche la narrazione con dinamiche comiche e drammatiche. Al suo fianco, Naomi Ackie offre una performance memorabile nel ruolo di Nasha, la compagna di Mickey, conferendo umanità e profondità alla storia.
Mark Ruffalo, nel ruolo dell’ambizioso politico Kenneth Marshall, rappresenta la satira sulla leadership populista. Con il suo ego smisurato e le manie di grandezza, Marshall è un personaggio grottesco che incarna i tratti di figure politiche contemporanee, rendendo il film tempestivamente attuale. La chimica tra Pattinson e gli altri attori riesce a creare un’atmosfera in cui la comicità e il dramma si intrecciano fluidamente, rendendo ancora più coinvolgente l’esperienza visiva del film.
Temi centrali: una critica sociale necessaria
Uno degli aspetti più affascinanti di Mickey 17 è il modo in cui Bong affronta questioni di classismo, sfruttamento e autoritarismo. Attraverso gli occhi di Mickey, esploriamo le conseguenze di una società che sacrifica gli individui per il profitto e la conquista. La sua narrazione rimane affilata come un rasoio, mescolando farsa e tragedia. La presenza di creature aliene chiamate “creepers”, che salvano Mickey dopo una delle sue morti, serve come simbolo di solidarietà e resistenza contro le forze oppressorie.
Tuttavia, l’approccio di Bong, che spesso oscilla tra il grottesco e il comico, può risultare a tratti eccessivamente didascalico. Sebbene le sue intenzioni siano chiare, la satira non sempre colpisce il bersaglio con la stessa incisività di opere precedenti. Le assurdità della vita di Mickey riflettono una realtà contemporanea in cui la vita umana perde di significato, rendendo chiaro l’intento critico del regista. Ma questa ossequiosità alla commedia grottesca rischia di non raggiungere la profondità che Bong ha mostrato in film come Parasite.

Un viaggio visivo e narrativo
Il lavoro di Bong in termini di produzione è assolutamente stellare. La cinematografia di Darius Khondji e il design di produzione di Fiona Crombie creano un’atmosfera che cattura immediatamente lo spettatore, dal malconcio e inquietante ambiente terrestre alle splendide e ghiacciate caverne di Niflheim. Gli effetti visivi sono impeccabili, contribuendo a costruire un mondo alieno che si sente tanto inquietante quanto affascinante.
Tuttavia, nonostante il suo indubbio fascino visivo, l’opera soffre di alcuni difetti narrativi, in particolare nell’ultimo atto. La frenesia della trama cala visibilmente, con giustificazioni e transizioni poco fluide che lasciano il pubblico confuso. In questa parte finale, la narrazione diventa disordinata e sembra perdere la direzione, lanciandosi in sequenze che, sebbene visivamente impressionanti, non riescono a connettersi in modo coerente con il messaggio centrale del film.
Un ritorno ai temi familiari di Bong
Mickey 17 si distacca dal registro elegante di Parasite, puntando più verso il tono caustico e diretto di Okja. Sebbene questo stia nel DNA di Bong, il risultato finale è una pellicola che funge da satira più commerciale e, in certi momenti, parodistica. Nonostante ciò, la filmografia di Joon-ho è sempre stata caratterizzata da un mix di generi, che consente di affrontare argomenti scomodi attraverso l’umorismo e l’assurdo. Qui, il regista riesce a farci riflettere sulla condizione umana e sulle sfide poste dalla tecnologia e dal consumismo, rendendo Mickey 17 non solo un viaggio di intrattenimento, ma anche un’opera di profonda riflessione.
Un lavoro imperfetto ma affascinante
In definitiva, Mickey 17 è un’opera che, pur con i suoi difetti e una certa dispersione narrativa, riesce a intrattenere e a stimolare riflessioni profonde. La combinazione di elementi sci-fi, umorismo e critica sociale lo rende un film imperdibile, anche se non riesce a eguagliare la potenza carismatica di Parasite. Bong Joon-ho continua a dimostrarsi un maestro nell’arte di raccontare storie complesse, e nonostante le sue imperfezioni, Mickey 17 rimane un’opera audace che vale la pena di essere vista. Con uno spirito che spinge a interrogarsi su cosa significhi realmente essere umani in un mondo che sembra sempre più avverso, questo film si insinua nella mente dello spettatore, lasciando un’impronta duratura e invitandolo a riflettere sulle questioni critiche della nostra realtà.
Anche se avrei desiderato una narrazione più solida e meno dispersiva, l’arte visiva e le interpretazioni dei personaggi riescono a salvare un film che, sebbene non perfetto, si rivela comunque un affascinante viaggio nel grottesco universo che Bong Joon-ho ha creato per noi.
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