Parthenope – il commento sul film evento di Paolo Sorrentino che celebra Napoli e le sue meravigliose contraddizioni.
“A cosa stai pensando”? Me lo chiedo adesso a distanza di alcune settimane dalla prima visione di questo film dal sapore malinconico e meraviglioso. Un lavoro abbagliante e scabroso, quello di Sorrentino, presentato in concorso al Festival di Cannes che alla fine della visione stupisce e colpisce tanto da far male.
Sarà forse la brevità di questo lungo viaggio nella vita di Parthenope – protagonista femminile interpretata da una sorprendente Celeste Dalla Porta -, a farci riflettere sulla caducità dell’esistenza umana. Lei, libera e sospesa nel tempo, nasce nell’acqua per poi crescere velocissima immersa nel caos degli eventi di una vita piena di contraddizioni e sorprese.
Senza nemmeno rendersene conto, il dolce ricordo dell’estate perfetta, dell’abbraccio dei genitori, dei primi amori nati all’alba di un nuovo giorno, finiscono per trasformarsi nella più sincera disperazione per l’inesorabile scorrere del tempo. Anche quando si prova a mettere ordine tra i ricordi della vita, questa continua libera e pericolosa, proprio come Parthenope, proprio come Napoli. La città di Sorrentino è una costante nel suo cinema degli ultimi anni, descritta come un mistero pronto a distruggerti ma anche a proteggerti, a custodirti per poi abbandonarti senza però giudicarti mai.
Intanto il tempo continua a scorrere. Parthenope cresce vivendo amori e dolori, sfide e fallimenti, senza conoscere mai la risposta su ciò che è, su ciò che sta pensando o studiando. Parthenope non si conosce, è un mistero lasciato sbocciare da solo, abbandonato e invisibile agli altri, completamente libera. “Che idea balorda”, credere che sarebbe rimasto sempre tutto uguale. La vita adulta arriva e ti travolge completamente.
Ma sono proprio gli incontri durante questo suo intricato viaggio, come i consigli di un professore – interpretato da un bravissimo Silvio Orlando – che definiscono il suo futuro, insieme anche alla disillusione del suo scrittore preferito – il poliedrico Gary Oldman -, a renderle un po’ più chiara la sacralità della vita.
Tutto ciò che si impara e non si dimentica mai rappresenta quel sottile filo che unisce il presente con il passato, la consapevolezza di essere stati responsabili delle proprie scelte di vita caotiche e decisive. È la scoperta che non si è più ragazzi, che si è cresciuti lasciandosi dietro il dolce sapore del mare che adesso è diventato amaro, cattivo. Siamo rimasti soli e ci sta bene.
Ma a Parthenope, bellissima e dallo sguardo triste, non serve scappare, le basta imparare a riconoscere il proprio passato e ad accettarlo. Così il viaggio continua. Si torna indietro dove tutto ha avuto inizio, verso il ricordo di quel leggero soffio che le sfiorava il viso, la scomoda scoperta di un indicibile desiderio proibito che le ha segnato per sempre la vita.
Non è per buona educazione, ma Parthenope ha bisogno di tornare a casa e rivivere ancora una volta tutto ciò che non ha mai dimenticato. Una Napoli sempre più selvaggia ed euforica si apre davanti a lei pronta a meravigliarla, a farla sentire viva. Dopotutto non lo sapeva ancora, ma Parthenope stava già pensando a tutto questo, a tutto il resto.
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