Squid Game, l’hotel della serie non è finzione. Sono molti gli elementi della popolare serie tv coreana ad esistere realmente: la statua della bambina di “Un, due, tre… stella”, per esempio, così come il numero di telefono intravisto nel primo episodio e persino il conto in banca del protagonista.
Non fa eccezione una delle più riconoscibili scenografie di Squid Game. Parliamo, ovviamente, della costruzione che funge da abitazione delle guardie nella serie, un complesso di scale e porte dai colori pastello che i concorrenti del gioco attraversano per recarsi alle sfide. Sebbene questa ambientazione sia stata creata appositamente all’interno del set allestito per le riprese della serie, il cosiddetto “hotel di Squid Game”, così è diventato popolare tra i fan della serie, esiste e si trova in Europa.
Si chiama La Muralla Roja complesso di appartamenti situato a Manzanera sulla Costa Blanca di Calpe, che si trova a circa 65 chilometri da Alicante e poco sopra i 100 chilometri da Valencia, nella Spagna meridionale. Fu disegnato dall’architetto spagnolo Ricardo Bofill per conto di Palomar S.A. nel 1968. La costruzione labirintica fu ultimata nel 1973.
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L’edificio richiama la casbah, struttura proveniente dall’architettura nordafricana e molto presente negli stili arabo-mediterranei. La Muralla Roja rivisita questo concetto in maniera avanguardista adottando piazze e scalinate per unire gli appartamenti tra di loro, creando un’idea di coesione in armonia con le forme della scogliera contro cui si staglia. Il nome, “La muraglia rossa”, deriva dal colore corallo scelto per le pareti dell’edificio. Per soggiornare nella struttura, i prezzi superano i 200 euro a notte.
La Muralla Roja non è l’unica ispirazione per l’edificio visto in Squid Game. I set designer hanno senz’altro attinto anche alle creazioni di René Magritte, l’artista belga che ha giocato in molta della sua produzione con il concetto di architettura associato al surrealismo; celebri le sue scale a chiocciola, così come le prospettive ambigue.
C’è anche un omaggio a M.C. Escher, grafico e incisore belga il cui nome è indissolubilmente associato ai “mondi impossibili” che amava raffigurare. La sua litografia intitolata “Relatività” risale al 1953 ed è senz’altro uno dei suoi lavori più celebri perché si avvale di un immaginario che confonde l’osservatore, offrendo una realtà in grado di piegarsi alla percezione di chi osserva a seconda del suo punto di vista specifico.
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