The Family (Aile), la recensione della serie tv
Lunedì 8 luglio 2024 debutta su Canale 5 una soap in prima visione italiana: The Family (titolo originale: Aile). Fin dai primi minuti del pilot, siamo catapultati in un ecosistema narrativo intrigante, con un ritmo più serrato rispetto a molte delle serie turche. Del resto, non tutte sono l’adattamento turco della serie televisiva statunitense I Soprano (titolo originale: The Sopranos), che ha fatto la storia del piccolo schermo. Alcune delle caratteristiche delle dizi sono rispettate: è chiaro fin da subito chi è il protagonista maschile e chi è, invece, quella femminile; senza contare che è scontato che tra loro scoccherà la scintilla.
La particolarità, però, sta nella complessità delle relazioni. Non serve aspettare varie puntate per capire che alle spalle – sia Aslan sia Devin in modo differente – non hanno famiglie standard.
Aslan fa parte di una famiglia criminale, motivo per il quale si presenta solo con il nome proprio, evitando di citare il cognome; non accetta di scattare fotografie se non scaltri selfie in cui copre astutamente il suo volto. La sua relazione con lo zio – İbrahim – il fratello di suo padre, è a dir poco tesa… Aslan gli tiene testa, ma come si permette di dire allo zio come deve comportarsi? Aslan vive grazie a quel sistema criminale da cui vorrebbe scappare, ma non basta pronunciare una frase magica per dire addio agli affari loschi… Volente o nolente, ci è dentro fino al collo.
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A volte il modo per uscire dalla comfort zone (o meglio, dalla non-comfort zone) è un regalo del destino. Per puro caso Aslan si trova sullo stesso volo di Devin e, senza desiderarlo particolarmente, finisce per aiutarla a risolvere un problema famigliare. Devin, infatti, sta volando per andare a controllare lo stato di salute della sorella Yağmur. Quest’ultima si caccia sempre nei guai, ma non pare una semplice marachella come le volte scorse. Devin ha ricevuto una telefonata nel cuore della notte, grazie alla quale ha appreso che la sorella si sta avvicinando all’ospedale, in condizioni critiche. È proprio Aslan ad accompagnarla all’ospedale, dove ha tanta fretta di arrivare.
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Se lo scambio tra Aslan e İbrahim sembra quello tra due uomini che aspirano a essere due capi del branco, quello tra Devin e Yağmur è quello tra una sorella che deve costantemente prendersi cura di una malcapitata. Eppure, dietro all’esasperazione, c’è tanto amore. “Amare tanto qualcuno è una maledizione” dice Devin. Amano con tutte loro stesso o odiano. È quello che hanno imparato dalla loro famiglia. “Siamo figlie sbagliate, che sono state amate nel modo sbagliato”, ammette Devin.
Insomma, sia Devin sia Aslan hanno famiglie ingombranti alle spalle. Entrambe dettano il loro modo di vedere il mondo e di eleggere alcune scelte a priorità assolute. Devin, ad esempio, ha capito sulla sua pelle che solo prendendo le distanze e osservando le storture dei suoi genitori – l’uno narcisista e l’altra bipolare – avrebbe potuto sopravvivere.
Aslan, invece, fino a quando non incontra la ragazza – che poi si rivelerà essere una psicologa – non ha mai messo in discussione le regole auree della sua famiglia: “Nella nostra famiglia il tavolo è tutto. […] Non puoi sfuggire dal tavolo.” Ogni cena ha un qualcosa di sacro. Non è ammesso arrivare tardi. Chi si dovesse prendere la libertà di farlo, andrà incontro a una mancanza di perdono perenne.
“Da quando in qua si può saltare questo compleanno?”, infatti, chiede la nonna Seher, quando Hulya informa dell’assenza di Aslan alla riunione di famiglia per Yusuf Soykan.
Da quando l’amore arriva a sparigliare le carte sul tavolo, rompendo degli ingranaggi che la vita ha reso fin troppo rugginosi fino a qui. È solo l’inizio, per Devin e Aslan, della scoperta di nuovi orizzonti.
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