The Warrior – The Iron Claw, la recensione del nuovo film con Zac Efron
Uno dei film più attesi della stagione e snobbato – malamente – dalla stagione dei premi, The Warrior – The Iron Claw arriva al cinema dal 1° febbraio anche in Italia.
Il grande ritorno di Zac Efron al cinema con un’interpretazione e una trasformazione fisica senza precedenti per la sua carriera d’attore. Che sia la volta buona che Zac si toglierà di dosso l’ombra di Troy Bolton? The Iron Claw è la storia vera della famiglia di wrestler dei Von Erich, un racconto che mostra come il destino possa essere spietato tra vite spezzate e colpi sul ring.
Si tratta della vera storia degli inseparabili fratelli Von Erich, che nei primi anni ottanta hanno fatto la storia nel competitivo e violento mondo del wrestling professionistico. Tra tragedie e trionfi, all’ombra di un padre/allenatore predominante, i fratelli cercano l’immortalità sul più grande palcoscenico dello sport. Fin dalle prime inquadrature, il regista Sean Durkin vuole mostrarci i muscoli, i corpi pesanti di questa famiglia di lottatori guidata da un padre (Holt McCallany), ex-wrestler ossessionato dalla competizione sportiva e non solo. I Von Erich (il cui vero nome è Adkisson) si considerano maledetti. I lutti e le difficoltà che subiscono sono nascosti dietro le loro vittorie sul ring, ma la vera battaglia è fuori, nella vita reale.
Kevin (Efron) è il figlio maggiore, teatralmente appassionato e plagiato secondo gli ideali del padre che cerca ancora di sopraffare l’industria del wrestling attraverso i suoi figli.
I fratelli di Kevin si uniscono a lui più volte sul ring nel corso della loro storia. David (Harris Dickinson) assume il ruolo di showman con la sua abilità nel combattere le chiacchiere. Kerry (Jeremy Allen White) è un ex atleta qualificato per le Olimpiadi. Mike (Stanley Simons), il figlio più giovane, è un musicista dal carattere gentile. Tutti credono di portare con sé una maledizione familiare, che ha portato a molteplici tragedie nel corso delle generazioni.
In un’epoca in cui la drammaturgia del wrestling è ancora nettamente divisa tra buoni e cattivi, The Iron Claw si ambienta negli anni ’70. A quei tempi la cosa migliore che un lottatore potesse fare era essere un eroe locale che proteggeva il territorio. In questo caso il Dallas Sportatorium. La ricostruzione storica è sfumata e agrodolce. Capelli lunghi, musica folk, harley davisdon, farm e uomini del Texas molto religiosi. La sensazione di vivere quell’America arriva forte e chiaro.
Certamente, il mondo del wrestling non manca di storie sfortunate o di ammonimenti. L’autodistruzione e i danni collaterali hanno dilagato nel settore, e per ogni superstar come The Rock che emerge con corpo, cervello e reputazione indenni, ci sono una dozzina di icone che non sono riuscite a raggiungere la campana finale, da Ultimate Warrior, Eddie Guerrero a Chris Benoit. In teoria, i fratelli Von Erich, nati in Texas, avrebbero dovuto evitare il lato oscuro del ring. Sono arrivati sotto i riflettori, allevati dal loro padre promotore dal taglio duro e dalla mentalità dinastica. I ragazzi sono cresciuti in pubblico tra le corde e hanno mostrato un vero talento prima di soccombere, uno dopo l’altro, alle pressioni fisiche e psicologiche degli affari di famiglia.
Mentre il destino dei Von Erich mette a dura prova le robuste spalle di Kevin, la performance di Efron si spinge oltre, in un nuovo territorio assolutamente impressionante. Quella salubrità tutta americana permane in una carriera in cui interpretava giovani rubacuori e tipi da confraternita. Qui conduce con vulnerabilità e affronta i rapidi colpi emotivi del film con un’autenticità che sembra totalmente vissuta. Abbinato alle sue sorprendenti prestazioni fisiche, questo è senza dubbio il migliore ruolo della sua carriera. The Iron Claw è un film sul peso, ma rimane un potente pezzo d’insieme, ponderato dalla straordinaria evoluzione di Zac.
Il film non è perfetto a livello di regia e pecca un po’ di lentezza nella classica parte centrale. Però, Durkin ci porta spesso sul ring. Ci regala anche dei virtuosismi di inquadrature alla Toro Scatenato o simili alla regia di Antoine Fuqua. Gioca molto bene con la fotografia, dove utilizza una saturazione che segue in parallelo l’ascesa alla vittoria sul ring e alla decaduta nella vita. Una tragedia che pezzo dopo pezzo colpisce al cuore, arrivando al colpo di grazia finale. “Gli uomini non piangono”, ripete Fritz Von Erich ad ogni funerale. Le lacrime, invece, cadranno a fiumi.
Gli amanti del wrestling, infine, apprezzeranno i retroscena della narrazione che sostiene l’industria. In particolare la presenza di personaggi facilmente riconoscibili per i fan della WWE. Forse le dinamiche del settore vengono analizzate meglio in altri prodotti di intrattenimento come la serie Heels. Ma qui il focus qui è sulla fratellanza, sulle pressioni, su cosa vuol dire essere uomini. Sull’abuso psicologico all’interno di una tragedia che ti mette al tappeto. Nella vita ci sono sempre dei vincitori o dei vinti. La difficoltà sta nell’accettarlo.
Lascia un commento