Transformers – Il Risveglio, la recensione del nuovo film sequel
Transformesr – Il Risveglio è il nuovo film della saga di Optimus Prime e compagni, in uscita al cinema il 7 giugno. Alla regia del nuovo capitolo c’è Steven Caple Jr. (Grown–ish) con protagonisti Anthony Ramons e Dominique Fishback (Sciame). Un sequel dello spin-off Bumblebee (2018) e reboot non dichiarato. L’idea è quella di rilanciare il franchise dei Transformers con il cambiamento del comando del timone, non più nelle mani di Michael Bay, ora solo come produttore esecutivo.
I tentativi di rilancio si vedono dalla scelta come regista di Steven Caple Jr., diventato noto al pubblico con un altro sequel, Creed II, mentre la scelta di due giovani attori promettenti, considerati rising star di Hollywood. Un forte segnale di proiezione verso il futuro. Bisogna partire da una considerazione: la distanza dall’ultimo episodio (Transformers – L’ultimo cavaliere) potrebbe forse incidere negativamente sulla possibilità di ottenere un successo al botteghino, soprattutto per la velocità con cui i pop-corn movies cambiano. C’è da dire che – sin dai trailer – il film Transformers – Il Risveglio dava l’impressione di essere diverso e che forse siamo di fronte a qualcosa di più intelligente rispetto al passato.
In parte è così. Il film ci prova a differenziarsi con una storia più lineare e meno confusionaria, soprattutto nella prima parte. Introduce nuovi protagonisti, si prende il suo tempo, anche se molti aspetti chiave dei protagonisti sono buttati in faccia allo spettatore e mai ripresi o spiegati veramente. Steven Caple Jr. è molto intelligente perché rende omaggio e contribuisce all’affermazione socio-culturale delle minoranze in America. Siamo negli anni ’90 a New York, palcoscenico inedito per un film dei Transformers. Infatti, gli inseguimenti e gli scontri tra gli Autobot e gli Scourge tra i grattacieli della grande mela sono affascinanti e diretti molto bene, degni di una saga di Fast.
Dopo un veloce prologo ambientato in “mondi lontani”, la storia si sviluppa nella New York del 1994. Sono gli anni in cui la metropoli stava vivendo la rivoluzione artistica del rap del Wu-Tang Clan e dei film di Spike Lee. Le musiche sono – prese da sole – magistrali, ma nel complesso fuorvianti come sottofondo delle battaglie tra robottoni. Se da un lato, la pellicola torna a livello di narrazione dei primi film, dall’altro lato decade nei soliti problemi di questo franchise.
Il grosso problema sono sempre le interazioni tra uomo e macchina. Poco credibili, che presentano situazioni inverosimili e imbarazzanti a livelli molto elevati (citazioni di serie B ai film Marvel a parte). I nuovi personaggi e i loro interpreti sono piatti e non tralasciano nulla che ti fa empatizzare per loro. Problematico l’utilizzo degli effetti visivi, non sempre impeccabile e i discorsi morali, eroici inseriti casualmente nel tentativo di emulare un “Avengers Uniti” sgangherato. Al di là dell’ennesimo nuovo cattivo “mangia mondi”, l’inserimento di un lato archeologico molto Indiana Jones è stato funzionale per una trama più terra – terra. Peccato le amnesie della sceneggiature e i buchi in merito alla storia dei due nuovi protagonisti Noah ed Elena (Anthony Ramons e Dominique Fishback).
Quando è arrivato Bumblebee e Michael Bay ha finalmente smesso di dirigere i film, è diventata chiara una questione. I film dei Transformers non hanno bisogno di essere per forza enfatizzante nel loro imperativo di “Potente Intrattenimento”. Transformers – Il Risveglio non è altrettanto stiloso come il film con Hailee Steinfield, ma offre un esempio di come un film dei Transformers possa regalare il divertimento trash fuggitivo. Il tutto senza causare mal di testa da zucchero sintetico.
Un aspetto positivo è che la sceneggiatura ha momenti di dialogo sostenuti. I robot sono sembrati più reali come personaggi rispetto al solito. Ma sono comunque Transformers. Di fatto hanno più personalità dei protagonisti umani. Il regista gioca con le location, da Brooklyn al Perù, non osa troppo e rimane nei tempi del blockbuster. Però riesce a combinare il mondo umano e quello delle macchine in modo funzionale. Ora sta alla reazione del pubblico e agli incassi, perché nel finale c’è un plot twist che mi ha suscitato abbastanza imbarazzo più per la messa in scena che per l’idea in sé. Provate a unire robot e umani, quale potrebbe essere il risultato restando in casa Hasbro?
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