Wolf Man, la recensione del film di Leigh Whannell
Il 2025 prosegue con il cinema horror con il ritorno di un altro mostro della Universal Pictures, Wolf Man, dal 16 gennaio al cinema. Il regista Leigh Whammell dopo L’uomo invisibile, ora affronta una nuova versione di uno dei miti più storici e leggendari della storia, il licantropo. Un film molto atteso quello prodotto da Blumhouse e Universal che si discosta da un’operazione di nostalgia. Non si tratta di un racconto della creatura dai tempi antichi, ma di una storia episodica.
Siamo in Oregon, in una vasta vallata suggestiva che ricorda i luoghi di Twilight o Twin Peaks. Tra le fitte foreste il piccolo Blake vive con suo padre in una fattoria e vanno a caccia. Tra gli alberi, però, si cela e si nasconde una strana creatura simile ad un animale. Feroce, ma con movenze umane. Dopo trent’anni Blake, interpretato da Christopher Abbott (Povere Creature!), è uno scrittore che vive a San Francisco con la moglie Charlotte – giornalista – (Julia Garner, Inventing Anna) e la figlia Ginger (Matilda Firth). Blake riceve una busta che gli comunica che suo padre, con cui ha perso i rapporti da anni e si dava per disperso, è stato dichiarato morto. Ora ha ereditato la casa in Oregon e convince la sua famiglia ad andarci per trascorrere del tempo insieme.
Ma quando la famiglia si avvicina alla fattoria nel cuore della notte, viene attaccata da un animale invisibile e, in una fuga disperata, si barrica all’interno della casa mentre la creatura si aggira attorno al perimetro. Con il passare della notte, però, Blake inizia a comportarsi in modo strano, trasformandosi in qualcosa di irriconoscibile, e Charlotte sarà costretta a decidere se il terrore all’interno della casa sia più letale di quello all’esterno.
Una storia episodica
Dalla letteratura al cinema, passando per le serie tv, i licantropi hanno avuto numerose rappresentazioni. Molti elementi canonici ritornano, anche se non vengono menzionati o spiegati. Lo scopo del film è raccontare un’esperienza traumatica, viscerale. Un thriller, horror psicologico che mostra il trauma improvviso di come una famiglia si ritrova improvvisamente ad affrontare la trasformazione del padre in un licantropo. Una sorta di Shining, dove l’elemento casa, o luogo lontano dalla società ritorna e il padre diventa “qualcos’altro”. Il problema del film di Whammell, tra i creatori della saga di Saw, di cui c’è anche un’autocitazione, è che rimane una versione del suo licantropo facilmente dimenticabile. Forse gioca anche il fatto che si tratta dell’ennesima riproposizione dopo le varie rivisitazioni come Underworld, Twilight, Harry Potter o nelle serie tv come Teen Wolf.
L’aspetto mitologico viene liquidato subito all’inizio con dei titoli iniziali che spiegano di una leggenda indiana nelle montagne. A Whammell interessa raccontare una storia di famiglia. Dimenticate la luna piena, l’argento, qui siamo di fronte a un lupo mannaro più umano, viscido, dove l’infezione consuma il corpo del suo ospitante.
Una trasformazione realistica e una buona regia
Leigh Whammell ha deciso di distaccarsi dalla CGI standard per creare qualcosa di più disturbante. Un ibrido che di fatto durante la trasformazione e alcuni momenti salienti farà distogliere lo sguardo dallo schermo. Delle disturbing scene tipiche da body horror che vanno ad accostarsi a una tensione palpabile e jump scared, quelli sempre ben orchestrati. I tempi sono giusti con delle tecniche di regia non da scartare. Punti di vista e soggettive interessanti, come delle inquadrature dentro al mirino del fucile da caccia. Nel complesso il film Wolf Man può intrattenere per la sua durata breve. La regia di Whammell con i movimenti di macchina è sicuramente la cosa più interessante che segue il processo di trasformazione di Blake. Un espediente narrativo diverso che ricorda molto Stranger Things, ci fa capire ed entrare nella trasformazione del licantropo. Un essere, una creatura che nonostante tutto preserva un’umanità interiore in contrasto con il suo essere animalesco. Per il resto però perché a poche ora dalla visione mi sono già dimenticato di questo Wolf Man? Può anche non essere il tuo genere, ma se un film ti colpisce te lo ricordi lo stesso.
C’è qualcosa che si nasconde in Blake, carico di una rabbia repressa per traumi del passato. Una volta subita la trasformazione, può quasi sembrare che lui la desiderasse. Il fatto che si tratta di piccoli segnali non proprio trattati, ma gettati sparsi qua e là nel film. Il focus è chiaro che è sulla metamorfosi, mentre Charlotte deve fare i conti con quello che sta succedendo cercando di trovare la forza per prendere la decisione più difficile della sua vita.
L’uomo lupo è tornato con un’altra rappresentazione, diversa, un esperimento non del tutto riuscito, ma che può a suo modo trovare dell’intrattenimento dello spettatore occasionale.
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